Dopo la
splendida tetralogia "L'amica geniale" - riprodotta anche su piccolo
schermo -, Elena Ferrante ha immesso
nel circuito librario un ultimo romanzo: "La vita bugiarda degli adulti" (edizioni e/o). L'energia cinetica creativa e letteraria mostra,
almeno in questo lavoro, una battuta d'arresto. "La vita bugiarda degli adulti" è un mosaico stinto, un'antica
bellezza appannata, un brano musicale ripetitivo. Alla grandiosità del modus scribendi della Ferrante si contrappone un contenuto
stantio che estende la storia dell'"Amica geniale" dai rioni ai
quartieri alti di Napoli, Vomero e Posillipo. Giovanna è una Lila all'ennesima
potenza. Anche qui v'è un reticolato di protagonisti, coprotagonisti, personaggi
secondari, comparse, affasciati tutti da una napoletanità volgare e oscena e da
una bassezza di costumi. La destrutturazione individuale, familiare e sociale è
il nume ispiratore dell'Autrice. Una polvere di degrado copre ogni volto, ogni
azione, ogni pensiero. Non un genius loci
ma un miser loci permea il racconto
di un'adolescente in crisi giovanile circondata da famiglie fallite e da frustrazioni
che rendono un tutt'uno ragazzi e adulti, la cui scontata analisi psicologica ne
banalizza la ricerca introspettiva. Devastazioni interiori ed umane oltre
l'immaginabile scaturiscono da una frase sbagliata proferita da un padre alla
figlia tredicenne. Il finale tragicomico della deflorazione della fanciulla
intorno a cui rotea la narrazione è squallido, come l'Umanità dipinta dalla Scrittrice.
Le tinte grigie necessiterebbero, talvolta, di qualche chiazza maggiormente
vivida.
Fabrizio Giulimondi
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