lunedì 15 marzo 2021

"LA MIA GUERRA. DIARIO DI UN REDUCE DELLA RUSSIA" di GIUSEPPE DENI

 

"Varcato il confine i derelitti del treno ci siamo buttati per terra piangenti a baciare al suolo della patria! Una moltitudine di giovani straziati nelle carni, zoppicanti, orrendamente mutilati al naso, orecchie, mani e piedi, sembravano rinascere a nuova vita e si piangeva a dirotto per la gioia.".

Il diario di un milite dell'ARMIR, "La mia guerra. Diario di un reduce della Russia", scritto da Giuseppe Deni e pubblicato in autoedizione senza alcuna correzione né ritocco.

Il ricordo va al capolavoro di Giulio Bedeschi "Centomila gavette di ghiaccio", ma la narrazione è molto più breve e asciutta, e parte dal 16 gennaio 1942, giorno in cui Deni lascia la sua Calabria per andare a fare la guerra alla Russia. Il gelo penetra nelle ossa del lettore che vede le infinite distese bianche dove migliaia di soldati italiani, molto mal in arnese, soffrirono l'inenarrabile, e ai quali l'Armata Rossa tributò di aver attraversato a ritroso, imbattuti ed indomiti, il confine nazionale. Un racconto algido come il freddo micidiale e assassino di quelle Terre, dove l'umanità però era calda, e calde erano le isba dei contadini russi nelle quali venivano accolti ragazzi senza più dita, né piedi, né mani o arti, assetati e affamati, annientati dentro e fuori.

L'Autore appare distaccato, come se tutto quell'orrore non lo riguardasse: i traumi non sono solo quelli scalfiti nella carne ma anche, e soprattutto, quelli nascosti nell'animo e che l'equidistanza cerca di celare.

L'8 settembre, la Repubblica Sociale Italiana, la guerra civile e la brutalità partigiana e nazi-fascista, la fine di tutto, e poi il ritorno al tempo e al luogo dove ogni cosa era stata interrotta.

Il passato era ancora rinchiuso nel cuore di Giuseppe Deni e mai la forza dello scritto, mai, è stata così terapeutica come in questo caso.

Fabrizio Giulimondi  

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