Michel Houellebech è il
coraggioso Autore francese che ha sfidato le ire islamiste con “Soumission”, la
cui letteratura è carica di spessore introspettivo, ricerca spirituale,
sessualità esplicita. Nella sua ultima opera “Annientare” (La nave di Teseo)
quest’ultimo elemento scema, mantenendosi vistosi i primi due aspetti.
Anzianità
e malattia, certezza della morte, l’Ossuta che si avvicina e la paura che si
ingrandisce, la riscoperta di amori che si pensavano oramai svaniti, la
famiglia come radice robusta, il coraggio di posizioni anti eutanasiche in una
Europa mortifera: “La vera ragione dell’eutanasia,
in realtà, è che non sopportiamo più i vecchi, non vogliamo nemmeno sapere che
esistono, per questo li parcheggiamo in luoghi specializzati, lontano dalla
vista degli altri. Quasi tutte le persone oggi ritengono che il valore di un
essere umano diminuisca con l’aumentare dell’età”.
Lo
scrittore francese prende per mano il personaggio Paul e lo accompagna negli
ultimi suoi anni di vita, verso la rimozione delle coltri di polvere posate sui
valori più per noia che per convinzione: “Ciò
non toglie che per l’ideologia ufficiale siano estremamente scomodi: la
costringono a riflettere su se stessa, a riesaminare i suoi valori ed è la cosa
che odia di più di ogni altra”.
È un
romanzo sulla impermanenza portato avanti con uno sguardo mesto e disincantato,
triste e stanco, reso lieve dalla vicinanza di una moglie riscoperta. Il
protagonista si sta accostando alla sofferenza ed è a un bivio fra un atteggiamento
angosciato ed uno accarezzato dalla presenza costante di Prudence. Non v’è
disperazione, ma solo consapevolezza. Non si vuole abbandonare questa vita ma la
si vuole godere sino alla fine. È lo spirito che vince sulla materia, l’ordine
sul caos.
Il core del libro si addensa in duecento
pagine, mentre la prima parte è propedeutica a quello che avverrà.
Le
parole hanno tinte chiaro scure, terree, marroncine, grigiastre con sfumature
giallognole, autunnali, novembrine. Il cielo disegnato dalla narrazione è
plumbeo, ma dietro le nuvole si intravedono chiaramente alcuni raggi di sole.
Paul è
attratto dalla fede della sorella Cécile, una fede indomita, antica come una quercia, ma ne è anche sconcertato, dubbioso, guardingo, spaventato.
Il
dolore che permea gli ultimi capitoli di “Annientare”
possiede l’esteriorità dell’attesa dell’Evento, ma è un dolore privo di disperazione.
L’annientamento è fisico ma non morale, non psicologico, non interiore. Non v’è
dramma ma solo coscienza che “Avremmo
avuto bisogno di meravigliose menzogne”.
Fabrizio Giulimondi
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