sabato 23 febbraio 2013

FABRIZIO GIULIMONDI: L'ULTIMO LIBRO DELLA TAMARO DOVREBBE ESSERE LETTO DA TUTTI!


 
Ogni angelo è tremendo” (Bompiani), ventesima fatica letteraria di Susanna Tamaro, dovrebbe essere letto, meditato e approfondito dal maggior numero possibile di donne e uomini.
Romanzo autobiografico della compassione, del disadattamento sociale, del disturbo mentale, dell’abbandono,  della scomparsa di persone e animali a cui è affettivamente legata l’Autrice che, come fugacemente compaiono, altrettanto improvvisamente scompaiono; è il racconto del perdono e della misericordia, della solitudine e del silenzio, di una cupa pazzia nascosta dietro una apparente e  tragica normalità; è la storia  della ricerca dell’Amore, quello con la A maiuscola,  che si trova solo attraverso la misericordia e il perdono; è il saggio della sofferenza e della rinascita, delle tante e  continue rinascite, che giungono sempre  dopo  ogni inevitabile dolore;  è la narrazione di una famiglia completamente disaffettiva, con una madre incapace di sentimenti e di intelletto, che meriterebbe l’odio della figlia da cui invece  riceverà tenerezza e comprensione (“avrei dovuto odiarla  per come mi aveva trattata, invece ho scelto il cammino più lungo e impervio del perdono. Che me ne sarei fatta dell’odio, una volta che lei fosse morta?Come una scheggia gelata sarebbe rimasto per sempre conficcato nel mio cuore”) e un padre assente, completamente assente e girovago, assente, girovago e deresponsabilizzato (“del nulla a cui, fin dalla più tenera età, ero stata ammaestrata da mio padre – un nulla deserto, brullo, sterile in cui l’unica forma di movimento era quello di qualche rotolo di spine o di qualche barattolo trascinato dal vento”), che non potrebbe non essere motivo di disprezzo se non intervenisse nell’epilogo la dolce pietas della Scrittrice, che rende la morte del genitore un momento di commovente riconciliazione.
Al posto del padre sopravvengono altri uomini e altri mariti con cui la madre si accompagna per la sua accidiosa esistenza, fra cui ve ne è uno gravemente disturbato di mente, malvagio  come nella migliore  tradizione favolistica italiana ed europea, se non si trattasse  di vita vissuta, di sangue e carne, di anime demolite,  menti lesionate e  cuori umiliati (“nello sviluppo di una persona, il sadismo e il non amore possono creare delle profonde destrutturazioni alle quali è difficile porre rimedio”), che si risollevano, però, impercettibilmente, lentamente, lievemente ma inesorabilmente, fuoriuscendo dal tetro guscio ove erano stati cacciati e rinchiusi,  per riveder le stelle.
La nonna della Tamaro si metterà di traverso e impedirà alla patologia psichica della nipote di svilupparsi, di crescere e di avvilupparla definitivamente: la nonna la avvicinerà alla lettura e il sapore, il colore e il significato delle parole la trascineranno verso la Vita. La nonna è protagonista di Va dove ti porta il cuore (Biblioteca Universale Rizzoli), trasformato sul grande schermo in un melenso prodotto cinematografico, ma che in realtà è un opera che realizza una lucida analisi della misteriosa articolazione dei sentimenti e degli anfratti dove essi vengono fatti rifugiare.
La Tamaro del libro è una ragazza spaventata, in eterna attesa dell’inevitabile, pronta a farsi  fagocitare da qualsiasi imprevedibile – ma per lei certo -  evento: il particulare, l’universale, tutto può annientarla in ogni istante. La giovane scrittrice si sente di incarnare la preda di un icneumonide, che Darwin descrive come un insetto che trafigge i bruchi inoculandogli una sostanza che ha la capacità di mantenerli in vita, così che possano essere   lentamente divorati come cibo fresco dalle sue larve. La giovane Tamaro, a sua insaputa, è colma di ricchezze che le faranno superare i momenti oscuri della storia nazionale degli anni ’70,  dal  terremoto del Fiuli-Venezia Giulia, all’omicidio di Giorgiana Masi, al  sequestro e l’assassinio di Aldo Moro, calati nell’asfissiante clima culturale marxista dell’epoca, simile agli edifici grigio-leviatanici della parte orientale di  Belino.
Sullo sfondo vi sono  Trieste, i panorami carsici che la circondano, le foibe inzuppate del sangue degli italiani ferocemente trucidati dalle belve comuniste di Tito, l’ululato assordante della bora, “ il gelo degli Urali, il gelo dei Kurgan…il gelo della Transilvania, dei vampiri addormentati nelle segrete dei castelli, dei morti viventi ..” degli incubi adolescenziali della Scrittrice: "Perché vivo con un nemico dentro, con la nebbia, con la notte, con lo smarrimento. Perché vedo il dolore e non posso farci niente. Perché vedo l’incompiutezza, il vuoto, il fallimento,  e non ne capisco il senso. Perché sono sola, nessuno mi ascolta, nessuno mi prende per mano. Perché da qualche parte in me  intuisco un’armonia e una luce immense e, da questa luce e da questa armonia, mi sto allontanando come una nave che prende il largo”.
La famiglia, il senso della famiglia, l’appartenenza ad una famiglia, rappresentano l’urlo di Munch della Tamaro: ”E’ vero che i bambini si adattano a tutto e che trovano modo di sopravvivere in qualsiasi situazione ma, in fondo al proprio animo, desiderano una sola cosa: avere una mamma e un papà, preferibilmente che si vogliono bene; e, preferibilmente anche dei fratelli. La vita desidera la vita……I figli hanno un bisogno assoluto di ammirare i genitori, di esserne orgogliosi
E possente, è extra ordinem  la conclusione di “Ogni angelo è tremendo”, è vera, è autentica, è fuori dalla forviante estetica della felicità di plastica: ”Viviamo in tempi di semplificazione massificate, di conseguenza l’inquietudine è il più reietto dei sentimenti. Puoi essere infelice, certo, anzi, lo devi essere, perché tutti gli oggetti che ti suggeriscono di comprare non sono altro che succedanei della felicità, ma l’inquietudine non ti è concessa perché è uno stato che produce domande e le domande richiedono risposte e, per avere risposte, bisogna mettersi in viaggio come Abramo e, alla fine del viaggio, magari puoi scoprire che non sono le cose a darti pace, ma la profondità dei sentimenti che sgorgano dal tuo cuore”.
Grazie Susanna!

Fabrizio Giulimondi

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