“Il giovane Holden” (titolo
originale: The Catcher in the Rye) di Jerome David Salinger (Einaudi) è un romanzo fra i più autorevoli della letteratura statunitense (insieme al
quello già recensito “Il grande Gatsby”
di Francis Scott Fitzgerald).
L’Autore adopera uno
stile autobiografico e colloquiale, talune volte gergale (slang),
utilizzando la struttura narrativa dell’intreccio.
Il giovane Holden Caulfield, ormai
diciassettenne, ci racconta la sua avventura durata tre giorni quando ne aveva
sedici. Egli era un ragazzo svogliato nei confronti della scuola, dell'ambito
didattico e, come direbbe lui, “di tutto quello che segue”. Tutto questo pur
non essendo un ragazzo ignorante ma, anzi, molto interessato alla lettura. Il
problema di Holden è la pigrizia,
essendo scarsamente attratto dall’ambiente scolastico, giudicato eccessivamente “falso”, al pari dei suoi
professori.
Al termine di una breve descrizione di se
stesso, evitando “prima di tutto dove
sono nato e com'è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei
genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate
alla David Copperfield”, Holden quasi subito passa a parlare del suo Istituto
di Pencey, struttura educativa d'elite,
situata in Pennsylvania, ove frequenta l’ultimo anno di high
school - “tutto fumo e niente arrosto”
secondo il severo giudizio del nostro
protagonista - da cui è stato “buttato fuori” a causa della sua assente applicazione
sulle materie.
Il giovane Holden, nel trascorrere gli ultimi giorni presso l’Istituto, ci
presenta i personaggi che hanno roteato introno a lui nella sua “carriera”
scolastica: il suo professore di storia, uno dei pochi ai quali egli è
affezionato; Stradlater, con cui condivide la stanza del college e che sopporta abbastanza, anche se da lui ritenuto eccessivamente
falso con le ragazze, dalle quali vuole avere una sola
cosa; Ackley, sporco, maleodorante e disgustosamente foruncoloso.
Stufo di quest'edificio e della vacuità
dei ragazzi che lo frequentano, Holden decide di lasciarlo anticipatamente (rispetto
alla data della sua espulsione) e di
andare a stabilirsi in un albergo nella “Grande Mela” fino al martedì successivo,
giorno in cui sarebbe rincasato, come
gli altri studenti, per le
vacanze natalizie, non palesando, in tale maniera, alla propria famiglia, la sua prematura e coattiva
fuoriuscita da “Pency”.
La famiglia di Holden è bistrattata
malamente dal Salinger, ad eccezione della sorellina, la vecchia Phoebe (Holden qualifica chiunque ”vecchio” o “vecchia”, come adopera continuamente intercalari come
“eccetera eccetera”, “ e compagnia cantando”, “o vattelapesca”, “schifo”, “siete scemi se
non mi credete”.
Nei giorni di permanenza a New York vivrà
ulteriori vicissitudini.
Incontrerà la sua amata Jane, a cui
propone di fuggire per condurre una vita
in piena libertà, magari in una casetta che si affaccia su un lago, al di fuori della esistenza frenetica dei grandi
centri abitati e del conformismo imposto dalle regole della buona borghesia
americana, a cui appartengono entrambe le famiglie dei due ragazzi.
Si imbatterà in un professore amico di
famiglia, pederasta, che compirà pesanti
avances al povero Holden.
Nel finale lo troveremo fatalmente in un luogo
di cura per disturbi psicologici e della personalità, per la sua incapacità di
affrontare la normalità del quotidie.
L'adolescenza, la gioventù, la vita di Holden prospettate da
Salinger nel suo scritto sono cosparse delle stesse incertezze, disagi, follia,
talora sfiorante la pazzia, di giovani di qualsivoglia epoca.
Al di là del linguaggio e dello stile di Salinger, il successo del libro è proprio dovuto alla
seduzione esercitata sul lettore dal personaggio del giovane ebreo bianco
newyorkese Caulfield.
Penso peraltro sia difficile per qualsiasi persona dotata di
bastevole intelligenza e normale sensibilità non trovare punti di contatto con
le esperienze del protagonista, con la sua percezione dell'insensatezza della
scuola e del mondo adulto, il mistero vagamente inquietante rappresentato dal
sesso e dall'universo femminile, l'ipocrisia e la falsità dei rapporti sociali.
L'autenticità di ciascuno di noi è, per lo Scrittore, diversa dalla maschera sociale che indossiamo: le Istituzioni mortificano il nucleo più vitale di noi stessi; la convenzionalità ci uccide. La menzogna infiltra la morale delle classi medie. Patologie fisiche inventate possono risultare, allora, la sola difesa dall'aggressione potata dal mondo esterno, mentre l'ironia muta in strumento di ribellione. L’opera di Salinger possiede valenze terapeutiche, rivolgendosi ad anime travagliate, tormentate e particolarmente sensibili, sapendo abilmente scavare in quel turbinoso e periglioso passaggio rappresentato dalla adolescenza.
L'autenticità di ciascuno di noi è, per lo Scrittore, diversa dalla maschera sociale che indossiamo: le Istituzioni mortificano il nucleo più vitale di noi stessi; la convenzionalità ci uccide. La menzogna infiltra la morale delle classi medie. Patologie fisiche inventate possono risultare, allora, la sola difesa dall'aggressione potata dal mondo esterno, mentre l'ironia muta in strumento di ribellione. L’opera di Salinger possiede valenze terapeutiche, rivolgendosi ad anime travagliate, tormentate e particolarmente sensibili, sapendo abilmente scavare in quel turbinoso e periglioso passaggio rappresentato dalla adolescenza.
Fabrizio Giulimondi
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