sabato 17 maggio 2014

"UNO, NESSUNO E CENTOMILA" DI LUIGI PIRANDELLO

“Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello (Girgenti 1867 – Agrigento 1936), pubblicato “a puntate” su “La Fiera Letteraria” nel 1925 dopo quindici anni di lavoro.
“Uno, nessuno e centomila” assomma in sé elementi del romanzo introspettivo, della saggistica filosofica e dei trattati psicoanalitici.
“Uno, nessuno e centomila” trasuda continui richiami biografici e autobiografici del grande letterato italiano, Premio Nobel per la letteratura nel 1934.
Le “stravaganze” del protagonista Vitangelo Moscarda incarnano la malattia mentale della moglie di Pirandello, che  fu internata nel 1919 in una casa di cura a Roma.
Vitangelo Moscarda arriva a una convinzione che lo sconvolge: l’uomo non possiede una identità ma è condannato a vivere le infinite personalità che gli altri gli attribuiscono.
Il percorso demolitorio della falsa, unica, identità che il protagonista intraprende, appalesa nascostamente, come un fiume carsico, gli studi sulla psicosi e sulla nevrosi che proprio in quegli anni Freud e Jung stavano affrontando. Tutto il cammino è interpolato dalle teorie filosofiche esistenzialiste di Heidegger e di Sartre.
“Uno, nessuno e centomila” è – come  commenta  Giancarlo Mazzacurati in una edizione del 1994  curata dalla Einaudi – “una macchina narrativa che sbriciola la trama in tanti sbalzi e andirivieni, soste riflessive, digressioni saggistiche improvvise, soliloqui. Un fiume tumultuoso e straripante in cui si sviluppa la lucida follia del protagonista”, un percorso di distruzione dell’”io” che viene  chirurgicamente destrutturato, al pari di una figura umana ad opera dei cubisti e dei surrealisti in pittura, delle sonorità da parte di  Stockhausen  nella musica o di un corpo grazie all’astrattismo scultoreo.
Ai piedi del suo letto, con un aspetto a me ignoto, e a lei impenetrabile, io stavo lì, naufrago nella sua solitudine; e lei nella mia, là davanti a me, sul suo letto, con quegli occhi immobili e lontanissimi, pallida, un gomito puntato sul guanciale e il capo arruffato sorretto dalla mano.”.

Fabrizio Giulimondi

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