giovedì 17 novembre 2016

"FAI BEI SOGNI" DI MARCO BELLOCCHIO (LIBERAMENTE TRATTO DALL'OMONIMO ROMANZO DI MASSIMO GRAMELLINI)

Locandina Fai bei sogni
Sono d’accordo con Niccolò Ammaniti: “Ogni lettore si fa un proprio film con il libro che sta leggendo”.
Fai bei sogni”, libera trasmigrazione filmica di Marco Bellocchio del bellissimo romanzo autobiografico di Massimo Gramellini, probabilmente non è la pellicola che avrei tirato fuori io, anche se inonda di emozioni violente lo spettatore.
Il libro di Gramellini (di cui riporto a piè di pagina la recensione al tempo redatta) tratta un tema tragico in maniera poetica, lieve, talora quasi leggiadra, mentre la narrazione di Bellocchio è angosciante, carica di scene che scuotono il pubblico sino a copiosi singulti.
Le stesse tinte che signoreggiano la fotografia sono pallide, smorte, tendenti quasi al bianco e nero.
La storia, fra passato e presente, è intensa, densamente drammatica, trasudante un commovente amore per la mamma , anzi le mamme tutte. La versione cinematografica di “Fai bei sogni” esplora un vuoto incolmabile, inenarrabile ed inaccettabile, specie per un ragazzino di nove anni e per l’uomo che diventerà.
La lettura della missiva che Gramellini scriverà in risposta ad un lettore de “La Stampa” che si lamentava della propria madre con toni particolarmente aspri, ferma, durante tutta la sua durata, il tempo e lo spazio.
Suggestivo il richiamo, tramite le ripetute apparizioni di Belfagor immaginate dal protagonista, alla Morte così come raffigurata ne Il settimo sigillo di Bergman.
Gli attori sono tutti ineguagliabili per bravura e potenza degli sguardi, delle espressioni mimiche, della capacità recitativa e dei silenzi.
Valerio Mastrandrea è impareggiabile e i giovani attori che interpretano Gramellini bambino e ragazzo , Nicolò Cabras e Dario del Pero, sono fuori dal comune: entrambi esprimono nella loro corporeità l’indicibile sofferenza che stanno vivendo e che segnerà il famoso giornalista. La durezza sabauda del padre è magistralmente mostrata da Guido Caprino.
L’altalenante musica fra il ruvido e lo spensierato penetra nelle immagini per giungere non solo alle orecchie, ma soprattutto al cuore, alla mente e all’anima.
Fai bei sogni…………...
Fabrizio Giulimondi

Recensione del libro
“Se un sogno è il tuo sogno, quello per cui sei venuto al mondo, puoi passare la vita a nasconderlo dietro una nuvola di scetticismo, ma non riuscirai mai a liberartene. Continuerà a mandarti dei segnali disperati, come la noia e l’assenza di entusiasmo, confidando nella tua ribellione”.
E’ una delle 223 pagine del romanzo autobiografico di Massimo Gramellini “Fai bei sogni” (Longanesi); è una delle 223 pagine che costellano un libro di rara bellezza contenutistica e di rara profondità, paragonabili solamente alle opere di Marcello Veneziani.
Pagine commoventi, emozionanti, toccanti, delicate e tenere e, poi, ironiche nel dramma, divertenti nella tragicità del racconto, leggere nella drammaticità della narrazione. Pagine che ricordano il drama greco che toccava le corde dell’anima e del cuore, senza infierire con la violenza e il sangue.
Pagine intense che descrivono come possa determinarsi la vita di un bambino sino all’età adulta privato della mamma, una madre che è morta quando egli aveva appena 9 anni a causa di un infarto.
Quel fanciullo è Gramellini, che ha avuto il coraggio di raccontare la sofferenza, il dolore e la disperazione nascosta nelle anse più intime di se stesso; come quel bimbo insieme al suo peso sia diventato l’affermato giornalista del quotidiano la Stampa di Torino e il noto polemista televisivo che noi conosciamo; quale percorso professionale abbia attraversato, dallo sport, alla politica, ad inviato di guerra nell’inferno di Sarajevo, dove incontra Salem, con lo stomaco squarciato da una pallottola sparata da un cecchino serbo. E tutto questo mentre Belfagor è dentro di lui: ”Belfagor è il nome che da bambino avevo dato al mostro che abita dentro di noi. Uno spiritaccio animato da buone intenzioni, in realtà pernicioso, perché pur di tenerci lontano dalla sofferenza ci chiude in una gabbia di paure. Paura di vivere, di amare, di credere nei propri sogni”.
L’assenza della mamma, la morte della madre, ha segnato profondamente sino alla età di 49 anni Massimo Gramellini, anche nelle sue relazioni con le donne, finché non ha incontrato la attuale moglie, Elisa. Ecco il suo cuore risuscitato come parla dei sentimenti: ” Le emozioni sono violente e brevi, colpiscono e svaniscono. I sentimenti invece sono lenti e profondi, a volte noiosi. Ma parlano il linguaggio universale del cuore, che non si esprime attraverso le parole e i ragionamenti, ma con i simboli”.
E sopraggiunge la verità, fatalmente ed ineluttabilmente la verità, non conosciuta sino alla soglia dei 50 anni o, forse, sempre saputa e fuggita per lungo, troppo, tempo. Madrina, una vecchia amica della madre e della famiglia, gli consegna una busta……
Turbamento e rigenerazione è quello che ho provato al termine della lettura di questo libro “unico”: è un imperativo kantiano immergervisi!
Credo che lo rileggerò almeno un’altra volta.
Vorrei terminare con un pensiero di George Bernard Shaw, ripreso dallo stesso Autore del romanzo: “La missione di un uomo consiste nell’essere una forza della natura e non un grumo agitato di guai e di rancori che recrimina perché l’universo non si dedica a renderlo felice”.

Fabrizio Giulimondi





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