Dopo
il già recensito Passengers di Morten Tyldumnelle, nelle sale
cinematografiche italiane si è affacciato un'altra produzione di fantascienza: Arrival di Denis
Villeneuve, candidato come “Miglior Film” e “Migliore Regia” agli imminenti
Oscar (con una Amy Adams che avrebbe
meritato senz’altro la nomination come
“Miglior Attrice Protagonista”).
Il
film, partendo da uno spirito neoclassico fantascientifico statunitense, con
alieni a metà strada fra La guerra dei
Mondi e Indipendence day, si
spinge verso sentori, sapori e stili onirici ed introspettivi, pervenendo a
riflessioni sentimentali. Le luci ed immagini, in un primo momento proprie delle
opere di Spielberg, mutano nell’incedere della narrazione in silenzi meditativi e in fotografie che
proiettano lo spettatore indietro nel tempo, in direzione dei ricordi
immaginifici di Solaris e di 2001: odissea nello spazio.
La
comunicazione è al centro del proscenio filmico e le raffigurazioni tondeggianti
e circuitali, tramite le quali gli extraterrestri eptapodi dialogano con i terrestri,
molto vogliono significare e molto vogliono trasmettere.
Le
pacate e delicate sonorità scaturite dal violino di Jóhann Jóhannsson accompagnano in filodiffusione scene che sfumano
in un finale carico di emozioni, che prende inavvertitamente per mano il pubblico cullandolo sino all’uscio di casa.
Fabrizio Giulimondi
Nessun commento:
Posta un commento