Appare ad un primo approccio un dato meramente
formale, ma in realtà il numero delle leggi e la loro qualità redazionale
incide profondamente su una corretta gestione della “cosa pubblica”: “Corruptissima re publica plurimae leges”
(affermava saggiamente Tacito).
Altissimo numero di leggi, struttura delle stesse,
presenza eccessiva di articoli, commi, lettere, articolati composti da una
unica disposizione con centinaia di commi, commi aggiunti con le diciture
latine bis, ter, quater, etc, troppe
sottodivisioni dei commi in lettere, terminologie troppo tecniche e poco
comprensibili al comune cittadino, eccessive interpolazioni, determinano un
complesso normativo di difficile lettura non solo per il quisque de populo, ma per gli stessi tecnici.
Se ci caliamo, poi, in seno a materie complesse come
quelle inerenti le procedure ad evidenza pubblica, o il settore urbanistico,
edilizio o tributario, ci si rende conto di quanto sia importante un approccio
agevole di un testo legislativo. L’utilizzo di Testi Unici e Codici
costituiscono strumenti utili ed efficaci e, ad esempio, il codice degli appalti 50/2016, corretto con
quello n. 57/2017, è senza dubbio un giusto tentativo di aiuto per l’operatore
economico ed imprenditoriale onesto di accedere al mercato senza “tagliole” da
parte delle aziende “scorrette”. La normazione sulla trasparenza e in contrasto
al tentacolare fenomeno della corruzione risulta essere un ausilio di grande
importanza per tutti coloro che interloquiscono economicamente,
finanziariamente e commercialmente con la Pubblica Amministrazione. Una
maggiore attenzione da parte del Legislatore alle regole in tema di legistica
può certamente consentire un più facile accesso al “mercato” da parte delle
tantissime aziende e società oneste e capaci, avendo esse una maggiore
agibilità fra le direttive e le procedure da rispettare. Non è cosa da poco una legge chiara con dettami certi che siano
perfettamente compresi da un cittadino, imprenditore o privato che sia, che comprende
in pieno ciò che può e non può fare. Dalla
chiarezza delle leggi deriva direttamente un mercato sano scevro da metastasi
corruttive.
Come
possiamo capire i principi
di chiarezza, precisione, uniformità, semplicità ed economia, sottesi
alle metodologie di tecnica redazionale dei provvedimenti legislativi, siano
questi ultimi di natura primaria o secondaria, “non sono espressione di ideali estetici o di modelli
formali” – come proclama nel preambolo alla terza edizione del dicembre
del 2007 il ‘Manuale regionale di tecnica legislativa’, elaborato
dall’Osservatorio legislativo interregionale, recante “Regole e suggerimenti
per la redazione dei testi normativi” – “ma strumenti per
garantire la qualità della legislazione e con essa il fondamentale principio
della certezza del diritto”.
A tale proposito v’è obbligo di aggiungere che
la “certezza del diritto”
è il precipitato logico – giuridico del principio di democraticità (art. 1 Cost), informatore
primario del sistema costituzionale e ordinamentale italiano.
Una disposizione mal compresa dai
destinatari, ossia dal Popolo che è il vero Sovrano e che esercita la Sovranità – in via mediata - anche attraverso il Parlamento e il Governo, lede direttamente e
platealmente la democraticità del
sistema, che si manifesta pure attraverso le norme di disciplina della
vita della Comunità la quale, per contribuire correttamente e legittimamente
alla vita dello Stato, deve necessariamente capire in tutti i suoi aspetti il
contenuto delle disposizioni emanate dagli
Organi costituzionali, che operano – secondo il dettato costituzionale
- per conto e nell’interesse della
Comunità medesima.
L’ incomprensione totale o parziale di
un testo legislativo, essendo di ostacolo, anche grave, a tutto quanto sopra
esposto, è un vulnus di non poco
momento alla effettiva partecipazione democratica del cittadino, uti singulus e uti socius, a mente degli artt. 2 e 3, comma 2, della Carta
Costituzionale.
Una preciso riferimento alla necessità
della chiarezza formale della legge si ritrova nella sentenza 95/2007 della
Corte Costituzionale, con la quale i giudici della Consulta hanno
sottolineato che, il precetto contenuto nella disposizione deve essere
formulato all’indicativo presente, ossia nel modo e nel tempo verbale atto ad esprimere
il comando secondo il consueto linguaggio legislativo. L’ indicativo presente è, dunque, sicuro
indice della prescrizione di un obbligo, assumendo un valore indubitabilmente
imperativo.
Atteso
che il principio di chiarezza non trova attuazione soltanto nell’uso
appropriato dei termini linguistici, la Consulta ha evidenziato che una disposizione è chiara quando, ad esempio, enuncia
tramite poche e semplici espressioni un concetto generale;
indica senza
incertezza i suoi destinatari;
precisa gli organi preposti alla sua attuazione,
configurandone bene le competenze; determina le conseguenze di natura penale, civile,
amministrativo-contabile o disciplinare in caso di inosservanza di un ordine o
di un divieto; chiarisce
se un elenco di condizioni è tassativo o esemplificativo, ovvero se le
stesse debbano essere intese cumulativamente o alternativamente.
Ancora:
la Corte Costituzionale
con la decisione 303/2003 ha ribadito l’orientamento espresso con le sentenze
85/1999, 94/1995 e 384/1994, secondo il quale la certezza e la chiarezza sono un valore costituzionale e
assumono un aspetto rilevante nel giudizio di legittimità costituzionale di una
normativa, dovendo essere incluse nella parte motiva della decisione
anche le valutazioni di ordine di tecnica legislativa.
Tengo
a riportare quanto ha affermato il 16 dicembre 2004 il Presidente della Repubblica Ciampi nel
messaggio di rinvio alle Camere della legge di delega in materia di ordinamento
giudiziario: “Con
l’occasione ritengo opportuno rilevare quanto l’analisi del testo sia resa
difficile dal fatto che le disposizioni in esso contenute sono condensate in
due soli articoli, il secondo dei quali consta di 49 commi ed occupa 38 delle
40 pagine di cui si compone il messaggio legislativo. A tale proposito, ritengo
che questa possa essere la sede propria per richiamare l’attenzione del
Parlamento su un modo di legiferare- invalso da tempo – che non appare coerente
con la ratio delle norme costituzionali che disciplinano il procedimento
legislativo e, segnatamente, con l’articolo 72 della Costituzione, secondo cui
ogni legge deve essere approvata “articolo per articolo e con votazione
finale”.
In
conclusione, va ripensato l’uso ricorrente di approvare un unico maxi
emendamento - includente l’intera legge
– formulato dal Governo, su cui questi appone regolarmente la c.d. questione di
fiducia.
Riforma regolamento Senato approvata il 20
dicembre 2017
·
Tempi
più rapidi per l’esame delle leggi
Quella
del regolamento del Senato è l’unica riforma bipartisan del quinquennio, anzi
quadripartisan essendo frutto dell'accordo tra Pd, Fi, M5S e Lega. Principale
scopo quello di sveltire l'iter parlamentare delle leggi. Ma i tempi più veloci non
dovrebbero andare a scapito della qualità dei provvedimenti: la riforma
infatti rafforza il lavoro delle commissioni. Non solo riservando ad esse
quindici giorni al mese non coincidenti con il lavoro d'Aula, ma anche
aumentando i casi in cui i provvedimenti saranno esaminati in commissione in
sede redigente e deliberante, senza dunque la necessità del passaggio in Aula.
Fabrizio Giulimondi
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