martedì 5 febbraio 2019

“IL PRIMO RE” di MATTEO ROVERE


Finalmente il cinema italiano narra la propria antichità non lasciandola in mano soltanto ai registi americani.
Un vaticinio di impero, un presagio di potenza, una profezia di gloria, una leggenda che principia una Città che si imporrà alla Storia e ne comanderà le sorti.
Il primo Re” di Matteo Rovere, con due grandi interpreti, Alessio Lapice (Romolo) e Alessandro Borghi (Remo), proietta lo spettatore verso il proprio passato, lo fa tornare alle proprie radici, fondamenta di un lontano futuro. Rovere ha il grande merito di innalzare il Mito ad estetica cineastica.
Immagini di ampio respiro, fotografia eccelsa, scenografia nobile di una Terra che intorno ad un fiume, il Tevere, si trasformerà da luogo sperduto nelle asperità della boscaglia laziale nell’Urbe.
Nei combattimenti corpo a corpo, violenti e brutali, si intravede l’auspicio di una potenza che diverrà edilizia, architettura, urbanistica, arte millenaria, Legge.
Un amore fra fratelli immenso, degno di ogni sacrificio, che dovrà accettare di andare oltre gli umani confini al pari di quella civiltà che il volere degli Dei ha affidato loro di costruire: uno doveva essere ammazzato dall’altro affinché dalla terra imbevuta dal sangue fratricida nascesse Roma.
I titoli di coda sono solo l’inizio e il pubblico vede scorrere dinanzi ai suoi occhi la grandezza di un impero che da un piccolo lembo di terra si espanderà per abbracciare tutta l’Europa, l’Africa settentrionale e l’Asia Minore.
Il latino arcaico (con i sottotitoli) fuso nelle inquadrature, somiglianti a blocchi pittorici per tinte e sospensione del tempo e dello spazio, produce un possente ed empatico effetto artistico: certo apparente immobilismo è attesa di azione, di battaglia, di guerra, sino ad una ineluttabile vittoria voluta dalle vestali, indicata dal Destino.
753 A.C. Con Roma si avvia la storia e Romolo, primo Re, pone il gladio  a baluardo di entrambe.
Fabrizio Giulimondi



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