"La Dea Fortuna ha un segreto, un trucco
magico. Come fai a tenere sempre con te qualcuno a cui vuoi molto bene? Devi
guardarlo fisso, rubi la sua immagine, chiudi di scatto gli occhi, li tieni ben
chiusi. E lui ti scende fino al cuore e da quel momento quella persona sarà
sempre con te.".
Il
regista turco Ferzan Ozpetek è
certamente un maestro delle inquadrature, delle carrellate di ambienti chiusi,
eleganti, polverosi in antiche ville e moderne abitazioni, di primi piani che si
impongono allo spettatore, di colorazioni purpuree e fotografie panoramiche
grandangolari. "La Dea Fortuna"
certamente prevale sull' ultima produzione artistica di Ozpetek per bellezza estetica e narrazione fluida, avvincente e
avvolgente. Come parte delle sue opere, l'occhio da cui provengono le riprese rappresenta
il punto di vista di un omosessuale, della sua visione di famiglia e dei
rapporti con la figura della madre. In questo film ritroviamo le ambientazioni umane
viste ne "Le fate ignoranti", con un tocco di umorismo, ironia e
sorriso di pellicole quali "Mine vaganti" e "Saturno
contro", insieme alla drammaticità di "Allacciate le cinture":
una salsa agro-dolce fra tragedia e comicità con varie sfumature di tinte emozionali
in mezzo.
Il
pubblico è sollecitato a riflessioni di ampio respiro, da quella sul tradimento
di due anni, che in una coppia eterosessuale avrebbe determinato una giusta e grave
crisi e che in quella dei due protagonisti (il bravo Stefano Accorsi e l'ancor più Edoardo
Leo) provoca soltanto un litigio ripianato in poche battute, degradate le
"corna" ad evento naturale; a quella sulla interscambiabilità, a
livello educativo e di sviluppo psicologico e della personalità, della presenza
maschile e femminile e circa la fungibilità e sostituibilità dei ruoli fra padre
e madre; sino al profilo inquietante della madre - fatalmente ed inevitabilmente
disturbata - punto di confluenza di una
corposa letteratura psicologica e psichiatrica sull'argomento. L'interprete, la
scrittrice Barbara Alberti, in modo
possente esprime la convinta follia con una lunga immagine evocante alcune
scene del "Dracula" di Bram Stoker.
Lo
sguardo "senza pelle", dolce, disarmato e disarmante, il volto
intenso e bello di Jasmine Trinca,
coronano l'abilità estetica dell'Autore che circonda i protagonisti con una
coralità di attori e attrici, in cui la presenza immancabile di Serra Yilmaz e delle sonorità e gestualità
delle danze caucasiche costituiscono il fil
rouge della filmografia del regista, destinatario di sicuri e meritati
premi.
Fabrizio Giulimondi
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