“Semplicemente... un uomo” (Europa edizioni), l’opera prima di Marco Angioni, esprime in forma
letteraria ciò che è rappresentato pittoricamente dal dipinto di Edvard Munch,
L’urlo, che non per caso abbellisce la copertina del libro.
“Semplicemente... un uomo” è una voluttuosa
e caotica bordata di sensazioni, sentimenti, pensieri, vittorie, sconfitte, rabbia,
odio, amore, attese, dolore, angoscia, solitudine. L’amore struggente per figli
non più vicini, troppo lontani, a causa di una dolorosa separazione, mai
accettata, mai voluta, ma subita.
E
poi arriva la degradazione, l’abbandono, l’annientamento, la cocaina, l’alcol,
la galera.
Il
buio, nessuna luce in fondo al tunnel, la disperazione.
Poi
un baluginio, un chiarore lento, lento, e poi l’alba e poi di nuovo la vita.
Non
c’è alcuna mediazione fra lo stato d’animo dell’Autore e ciò che percepisce il
lettore.
Le
parole sono segni visibili ed inconsapevoli dell’interiorità nuda di Angioni, traghettatrici violente e
tenere della sua anima divelta, arresa, sempre indomita.
Ci siamo. Il livello di tollerabilità delle famiglie italiane della “colonizzazione ideologica” denunciata anche da Papa Francesco ha davvero raggiunto il limite. Sono passati due anni da quando La Manif Pour Tous Italia ha organizzato la prima manifestazione in assoluto in Italia contro il ddl Scalfarotto sul reato di opinione omofobica. Circa duecento persone nei pressi del Parlamento, nel caldo afoso, nell’indifferenza di tutti e soprattutto della stampa. Da allora La Manif Italia si è estesa su tutto il territorio nazionale con oltre 60 circoli territoriali, che monitorano l’infiltrazione dell’ideologia Gender nei consigli comunali, regionali e nelle scuole di ogni ordine e grado, organizzando eventi di dibattito e informazione per i cittadini ignari, nonché forme di protesta e contestazione pubblica. C’è in particolare uno sforzo che abbiamo avuto sempre a cuore: riunire in un’azione comune e congiunta tutte le organizzazioni e le associazioni che si battono per la famiglia. La risposta all’ideologia Gender è e deve essere la risposta corale di un’intero popolo, che difende l’antropologia che lo fonda e che assicura il progresso nel rispetto integrale della persona umana. Il nostro unico obiettivo è sempre stato quello di dimostrare che quella per il diritto dei bambini di avere un papà e una mamma è davvero una battaglia “pour tous“, per tutti.
Questi anni di attività, insieme a tante altre associazioni amiche e compagne di viaggio, si concretizzerà ora finalmente in una imponente manifestazione di piazza, sabato 20 giugno alle ore 15 in Piazza San Giovanni a Roma. Una manifestazione che abbiamo insistentemente sollecitato per rispondere alla domanda pressante di decine di migliaia di famiglie incontrate in questi due anni che chiedevano una giornata per poter dire chiaro e forte che il diritto di educare i figli spetta alle loro famiglie in via prioritaria. Una manifestazione che sarà possibile per lo sforzo congiunto di tante persone comuni, madri, padri, insegnanti, psicologi, giuristi; persone comuni che vogliono restare libere di educare i loro figli alla bellezza della complementarietà tra l’uomo e la donna.
Questa manifestazione, come negarlo, non giunge a caso a fine giugno. Nei prossimi giorni inizierà infatti l’iter di approvazione del ddl Cirinnà sulle cosiddette “unioni civili“, un vero e proprio matrimonio gay con tanto di adozioni mascherate e apertura al riconoscimento dell’utero in affitto, del mercato internazionale di figli. Se il ddl Cirinnà sarà approvato, l’intero diritto di famiglia italiano sarà stravolto, a maggior danno del diritto dei bambini di crescere col loro papà e la loro mamma, e di non essere trattati come prodotti commerciali.
La manifestazione avrà dunque due obiettivi fondamentali: contrastare l’avanzata dell’ideologia gender nelle scuole e stoppare il ddl Cirinnà sulla rottamazione della famiglia. Se avete a cuore la libertà educativa e i diritti dei più indifesi, non potete mancare.
Vi aspettiamo a Roma, in Piazza San Giovanni, sabato 20 giugno alle ore 15!
E’ giunta la fine. E’ giunto il quarto e ultimo tempo: “L’amica Geniale”, ”Storia del nuovo cognome”, “Storia di chi fugge e di chi resta”(già qui recensito), “Storia della bambina perduta”(edizioni e/o) ed Elena Ferrante è l’Autrice….o l’Autore?
E’ un romanzo che dilania e a tratti fa male.
La tensione drammatica non si abbassa mai e il drama corre lungo le parole, i silenzi, i volti e gli sguardi di ogni attore della narrazione e pervade ogni spazio corporeo e dell’anima.
E’ un libro che penetra dentro impietosamente, squarta il lettore con violenza, parla dell' essere umano senza infingimenti, e non ci sarà, no, non vi sarà alcun personaggio che non amerete perché anche i “cattivi” non sono tali, perché sono pervasi dalla pietas della Ferrante che tutto copre e tutto perdona, e il male si dissipa nell’incontro con l’aura di Elena e Lina, che giganteggia e infiamma e riempie ogni contorno e ogni storia e ogni tratto di penna.
Elena e Lina non sono più finzioni, non sono più creazioni letterarie ma sono le vostre mogli e le vostre sorelle e le vostre amiche e le vostre amanti…sono voi.
Paolo Sorrentino è
il nuovo Maestro del cinema italiano.
Dopo
pellicole di grande valore come Il divo
e This must be the place e il Premio
Oscar e pluripremiato La grande bellezza, l'ultima opera di Paolo Sorrentino Youth – La giovinezzaha vinto gli Oscar europei EFA (European Film Awards) di Berlino, edizione 2015, come Miglior Film, Migliore Regia e Migliore Attore (Michael Caine)
Youth riprende il fil rouge de La grande bellezza rendendolo ancora più intenso, accentuato e
denso.
La prepotente
bravura interpretativa di attori della fatta di Michael Caine (un po’ Toni Servillo un po’ Woody Allen),Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano e Jane Fonda, l'intensità di sguardi, silenzi, lacrime e sorrisi, sono immersi in una atmosfera sempre più felliniana, simbolica, onirica, immaginifica, fantastica e sognate.
Michael Caine, nelle
vesti di un grande direttore d’orchestra oramai tristemente e apaticamente in
pensione, dirige la natura, il muggito delle mucche, lo stormire degli uccelli,
tacitando tutto e tutti nelle pause musicali, con la delicata movenze delle
mani e il brusco ritmar delle dita.
L’orchestra
su un abbagliante sfondo bianco, il tenore vestita di rosso fuoco e, poi, lei,
la musica.
La
musica nei film di Sorrentino è colonna sonora della narrazione. Le melodie
liriche e gli arpeggi di una chitarra classica sono un tutt’uno con le immagini, le inquadrature, le fotografie, le
sequenze incantevolmente scenografiche dei panorami montuosi svizzeri. Le
sonorità sottolineano il gusto per i particolari, puntualizzano lo splendore di
ogni singolo dettaglio.
Alcune
scene ricordano vividamente dipinti di
Rembrandt: la rappresentazione è statica, un chiarore giallastro scende dall’alto
per illuminare il personaggio principale,
stagliandolo dal resto del racconto che resta sullo sfondo, nella penombra,
ancillare alla esaltazione del protagonista.
La
vecchiaia, la decadenza fisica ma non intellettiva, il conflitto con la gioventù,
incarnata nella bellezza dirompente di miss
universo, la lotta fra rassegnazione e il rifiuto di mollare le proprie
passioni e le proprie emozioni, perché la vita è fatta solamente di emozioni e
di queste si nutre.
La
vita di chi non si vuole arrendere alla morte per cedere infine ad essa, con un
atto di volontà di disperata, ultima, vitalità.
Ultima annotazione: candidata come Migliore Canzone ai Golden Globe 2016 il brano di David Lang , Simple Song No. 3.
Il
Duce del Fascismo era persona meticolosa fino alla ossessione nel raccogliere e
conservare documenti che riguardassero lui, gli affari politici e di governo.
L’archivio
personale segreto di Benito Mussolini è diventato quasi una leggenda con toni
favolistici. In realtà in quell’archivio potrebbero esserci risposte a domande
che non vedranno mai una soluzione, perché buona parte di esso è svanito nel
nulla: distrutto? seppellito qua e là in depositi secretati dagli allora
Alleati?
Una particula del carteggio ci viene raccontata da Arrigo Petacco in “L’archivio segreto di Mussolini” (Mondadori, 1997).
Mussolini,
l’uomo, il dittatore, il fondatore del Fascismo, il Capo di Governo, l’ideatore
di una Italia non succube, colui con cui nel bene o nel male gli storici
dovranno fare i conti quando gli amori e gli odi saranno cessati, l’innamorato
come un fanciullo, il nemico-amico di Hitler, l’italiano la cui “italianità” ha
distrutto l’Italia intera.
Verbali
di intercettazioni telefoniche, resoconti riservati della famigerata polizia
politica OVRA, dossier, lettere di fuoco e d’amore, annotazioni, puntigliose
correzioni da maestro delle elementari su relazioni istituzionali e partitiche,
appunti di ogni genere, da Predappio e piazzale Loreto.
Un
saggio storico affascinante e coinvolgente che narra una porzione nascosta
della vita nazionale, le vicende personali - che non sono mai solo tali - dei gerarchi e dell’uomo che il Popolo italiano non riesce proprio a
riporre nel cassetto della Storia.
Il sentiero dei nidi di ragno” (Oscar
Mondadori, 2014, presentazione dell’Autore, postfazione di Cesare Pavese, cronologia
a cura di Mario Barenghi e Bruno Falcetto) è lo splendido racconto del 1947 di Italo Calvino (Santiago de las Vegas,
Cuba, 15 ottobre 1923 – Siena, 19 settembre 1985), lo Scrittore della guerra
civile che trasforma i fatti in parole e le battaglie partigiane in storie
favolistiche scrutate dagli occhi di un ragazzino appollaiato sui rami più alti
di un albero: “E continuano a camminare,
l’omone e il bambino, nella notte, in mezzo alle lucciole, tenendosi per mano.”.
“Storia di chi fugge e di chi resta” (edizioni
e/o) è il terzo tempo narrato da Elena
Ferrante - dopo l’Amica Geniale e Storia del nuovo cognome - di
un grandioso romanzo di ampio respiro dove ogni personaggio protagonista,
coprotagonista, attore secondario o comparsa è incantevolmente descritto in
ogni suo tratto corporeo, morale, psicologico e spirituale. Ogni dettaglio non
è mai superfluo ma sempre essenziale. Ogni carattere e personalità sono messe a
nudo e nulla sfugge allo sguardo indagatore dell’Autrice. Le parole possiedono
una loro corporeità e il lettore può palparle e tramite esse sentire le donne e
gli uomini via via partorite dalla Ferrante.
Sullo
sfondo i fatti storici si susseguono prima in modo felpato, poi rumoroso, infine
assordante: le lotte operaie e studentesche, il ’68, la violenza politica, il
femminismo, la “pillola”, la legge sul divorzio, il terrorismo, le bombe, lo
scandalo Lockheed.
In
realtà queste vicende non rimangono affatto sullo sfondo, perché entrano nelle
storie di Elena e Lila, cariche di una passione simile ad una iniziale
increspatura di mare, che diventa un turbinio d’acqua, per trasformarsi in un’onda
che tutto travolge e tutto scompiglia.
“Storia di chi fugge e di chi resta” è il
romanzo della Umanità in tutte le sue gradazioni di tinte, sapori e sonorità e
mostra senza infingimenti, quasi con violenza, le pieghe più intime e nascoste
dell’animo umano, disvelandole impietosamente.
Lila
ed Elena indossano corazze, la prima per difendersi dal rione, la seconda da se
stessa.
Lila
la terrà fino alla fine. Elena rimarrà “senzapelle”: “Non uno dei miei desideri veri era mai prevalso, avevo sempre
trovato il modo per incanalare ogni smania. Ora basta, mi dicevo, che salti in
aria tutto, io per prima.”.