Il decreto correttivo 195/2011 interviene in tema di udienze pubbliche e procedimenti in camera di consiglio per allineare le prime a quanto già previsto nel codice di procedura civile e, con riguardo ai secondi, per meglio specificarne alcuni profili.
Il codice del processo amministrativo, per quanto concerne le udienza pubbliche, ha affermato il principio della pubblicità delle udienze, a pena di nullità, con esclusione delle ipotesi in cui è previsto il procedimento in camera di consiglio di cui all’elenco contenuto al comma 2 dell’art. 87 del cpa. Il correttivo ora aggiunge le ipotesi in cui l’udienza pubblica, a discrezione del presidente del collegio, può svolgersi a porte chiuse quando ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume.
Sono in realtà le stesse ipotesi eccezionali di deroga ai principi della pubblicità delle udienza previste dall’art. 128 del cpc e che ora sono estese in maniera espressa anche al processo amministrativo.
Le modifiche all’art. 87 del cpa interessano poi il comma 3, con un intervento in tema di termini processuali relativi ai giudizi che si svolgono in camera di consiglio, nonché con una novella che interessa il rito sull’accesso.
Il legislatore in virtù del decreto correttivo ha chiarito che la deroga al dimezzamento dei termini si applica solo ai giudizi di primo grado, contribuendo a sgombrare il campo da alcune perplessità iniziali, sorte all’indomani dell’adozione del codice del processo amministrativo, secondo cui, non avendo il legislatore previsto eccezioni, il regime del dimezzamento non si applicava nemmeno ai giudizi di secondo grado.
Con la modifica apportata all’articolo 116 del cpa, che disciplina il rito speciale della tutela del diritto di accesso ai documenti amministrativi, si è in primo luogo provveduto ad affermare , in coerenza con la regola generale del processo amministrativo, che anche per la valida instaurazione del giudizio in tema di accesso è sufficiente che il ricorso venga notificato ad almeno uno dei contro interessati, salva la successiva integrazione del contraddittorio.
Il rito sull’accesso è un rito semplificato ed è strutturato come un giudizio impugnatorio in quanto oggetto del ricorso sono le determinazioni e il silenzio sull’istanza di accesso.
Con la novella recata dal decreto correttivo si è, quindi, semplicemente intervenuti sostituendo le parole “agli eventuali controinteressati” con la formula “ad almeno un controinteressato”. Non si tratta, in realtà, di una innovazione sostanziale rispetto a quanto già costantemente affermato dalla giurisprudenza: anzi, è proprio la codificazione, anche per il rito dell’accesso, della regola generale del processo impugnatorio, per cui l’ammissibilità del ricorso è salva in presenza della notifica dello stesso ad almeno uno dei controinteressati.
Anche prima della novella recata dal correttivo, la giurisprudenza ha pacificamente affermato che, ai sensi dell’articolo 116 del cpa, il ricorso in materia di accesso ai documenti deve essere notificato ad almeno un controinteressato, secondo il generale principio caratterizzante i ricorsi amministrativi, e fatto salvo il potere di integrazione del contraddittorio nei confronti di ulteriori controinteressati, atteso che detta norma, a prescindere dalla qualificazione della posizione giuridica soggettiva azionata, ricostruisce il rito in materia sulla scorta dell’ordinario rito impugnatorio.
Sussiste in altri termini, a pena di inammissibilità, l’obbligo di notifica del ricorso volto a impugnare il diniego di accesso agli atti ad almeno uno dei controinteressati, individuabili in coloro che della conoscenza dei documenti richiesti possano subire un pregiudizio alla propria sfera di riservatezza, ovvero in coloro cui si riferiscono i documenti oggetto dell’istanza di accesso.
La nuova formulazione, peraltro, è anche più coerente con la previsione, invero già recata dall’art. 116 del codice, dell’espressa applicazione al giudizio in questione della disciplina in tema di integrazione del contraddittorio, di cui all’art. 49 del codice medesimo. Quindi, nel caso vi sia più di un controinteressato e il ricorso sia stato notificato solo a uno o ad alcuni di essi, il Presidente o il Collegio ordinerà l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri.
L’altra novità riguardante l’articolo 116 del cpa introdotta con il correttivo concerne la precisazione del termine per la proposizione del ricorso incidentale o di motivi aggiunti, in linea con quello previsto per il ricorso introduttivo, quindi trenta giorni. L’intervento del legislatore è quanto mai opportuno. In presenza, infatti, di un termine per ricorrere dimezzato rispetto a quello ordinario, si sarebbe corso il rischio di una illogicità e incoerenza del sistema laddove per i motivi aggiunti o per il ricorso incidentale fosse stato richiesto il termine ordinario di giorni sessanta.
Con la nuova disposizione, in altri termini, si dà coerenza quanto ai termini assegnati al ricorso principale, ai motivi aggiunti e al ricorso incidentale (per tutti giorni trenta).
Anche con l’intervento sul rito concernente l’inerzia della pubblica amministrazione (cd silenzio inadempimento) il correttivo mira ad una opera chiarificatrice e di completamento della relativa disciplina processuale. Con la novella, infatti, si è aggiunto il comma 6 bis dell’art. 117 del cpa ai sensi del quale i commi 2, 3, 4 e 6 del richiamato articolo si applicano anche ai giudizi di impugnazione.
Anche in sede di rito sul silenzio, quindi, come già previsto per l’accesso, per il rito speciale di cui all’art. 119 del cpa e per il rito in tema di appalti viene specificato che le regole processuali sono le medesime per entrambi i gradi di giudizio.
Per quanto concerne, infine, la modifica all’art. 31, comma1, del cpa, il legislatore ha voluto includere tra le ipotesi che consentono di azionare il rito del silenzio avverso l’inerzia della amministrazione, oltre ai casi in cui tale inerzia si registra per il decorso di un termine espressamente previsto per la conclusione del procedimento amministrativo, altre ipotesi in cui detta inerzia-inadempimento è prevista da particolari discipline. Tra questa ipotesi previste dalla legge, che consentono di adire il giudice amministrativo per stigmatizzare il silenzio amministrativo, ben può rientrare quella recentemente prevista dal d.l. 138/2011 in tema di Scia, laddove è sancita la possibilità per gli interessati di sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti alla amministrazione e di esperire, in caso di inerzia di questa, l’azione avverso il silenzio.
Del resto, coma ha osservato la giurisprudenza, presupposto per l’applicazione del rito speciale è il silenzio della PA e, in particolare, l’omissione di provvedimento che acquista rilevanza come ipotesi di silenzio rifiuto, attraverso il relativo, caratteristico procedimento, quando la medesima si sia resa inadempiente, restando inerte, a un obbligo di provvedere. Quest’ultimo può scaturire dalla legge o dalla peculiarità della fattispecie, per la quale ragioni di equità impongono l’adozione di un provvedimento al fine, soprattutto, di consentire al privato di adire la giurisdizione pe far valere le proprie ragioni.
L’obbligo di provvedere dell’amministrazione, poi, a sua volta, presuppone che l’istanza del richiedente sia rivolta a ottenere un provvedimento cui questi abbia un diretto interesse e che essa non appaia subito irragionevole ovvero risulti all’evidenza infondata. Pertanto, scopo del ricorso contro il silenzio-rifiuto è ottenere un provvedimento esplicito dell’amministrazione, che elimini lo stato di inerzia e assicuri al privato una decisione che investe la fondatezza o meno della pretesa.
Prof. Fabrizio Giulimondi
Il codice del processo amministrativo, per quanto concerne le udienza pubbliche, ha affermato il principio della pubblicità delle udienze, a pena di nullità, con esclusione delle ipotesi in cui è previsto il procedimento in camera di consiglio di cui all’elenco contenuto al comma 2 dell’art. 87 del cpa. Il correttivo ora aggiunge le ipotesi in cui l’udienza pubblica, a discrezione del presidente del collegio, può svolgersi a porte chiuse quando ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume.
Sono in realtà le stesse ipotesi eccezionali di deroga ai principi della pubblicità delle udienza previste dall’art. 128 del cpc e che ora sono estese in maniera espressa anche al processo amministrativo.
Le modifiche all’art. 87 del cpa interessano poi il comma 3, con un intervento in tema di termini processuali relativi ai giudizi che si svolgono in camera di consiglio, nonché con una novella che interessa il rito sull’accesso.
Il legislatore in virtù del decreto correttivo ha chiarito che la deroga al dimezzamento dei termini si applica solo ai giudizi di primo grado, contribuendo a sgombrare il campo da alcune perplessità iniziali, sorte all’indomani dell’adozione del codice del processo amministrativo, secondo cui, non avendo il legislatore previsto eccezioni, il regime del dimezzamento non si applicava nemmeno ai giudizi di secondo grado.
Con la modifica apportata all’articolo 116 del cpa, che disciplina il rito speciale della tutela del diritto di accesso ai documenti amministrativi, si è in primo luogo provveduto ad affermare , in coerenza con la regola generale del processo amministrativo, che anche per la valida instaurazione del giudizio in tema di accesso è sufficiente che il ricorso venga notificato ad almeno uno dei contro interessati, salva la successiva integrazione del contraddittorio.
Il rito sull’accesso è un rito semplificato ed è strutturato come un giudizio impugnatorio in quanto oggetto del ricorso sono le determinazioni e il silenzio sull’istanza di accesso.
Con la novella recata dal decreto correttivo si è, quindi, semplicemente intervenuti sostituendo le parole “agli eventuali controinteressati” con la formula “ad almeno un controinteressato”. Non si tratta, in realtà, di una innovazione sostanziale rispetto a quanto già costantemente affermato dalla giurisprudenza: anzi, è proprio la codificazione, anche per il rito dell’accesso, della regola generale del processo impugnatorio, per cui l’ammissibilità del ricorso è salva in presenza della notifica dello stesso ad almeno uno dei controinteressati.
Anche prima della novella recata dal correttivo, la giurisprudenza ha pacificamente affermato che, ai sensi dell’articolo 116 del cpa, il ricorso in materia di accesso ai documenti deve essere notificato ad almeno un controinteressato, secondo il generale principio caratterizzante i ricorsi amministrativi, e fatto salvo il potere di integrazione del contraddittorio nei confronti di ulteriori controinteressati, atteso che detta norma, a prescindere dalla qualificazione della posizione giuridica soggettiva azionata, ricostruisce il rito in materia sulla scorta dell’ordinario rito impugnatorio.
Sussiste in altri termini, a pena di inammissibilità, l’obbligo di notifica del ricorso volto a impugnare il diniego di accesso agli atti ad almeno uno dei controinteressati, individuabili in coloro che della conoscenza dei documenti richiesti possano subire un pregiudizio alla propria sfera di riservatezza, ovvero in coloro cui si riferiscono i documenti oggetto dell’istanza di accesso.
La nuova formulazione, peraltro, è anche più coerente con la previsione, invero già recata dall’art. 116 del codice, dell’espressa applicazione al giudizio in questione della disciplina in tema di integrazione del contraddittorio, di cui all’art. 49 del codice medesimo. Quindi, nel caso vi sia più di un controinteressato e il ricorso sia stato notificato solo a uno o ad alcuni di essi, il Presidente o il Collegio ordinerà l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri.
L’altra novità riguardante l’articolo 116 del cpa introdotta con il correttivo concerne la precisazione del termine per la proposizione del ricorso incidentale o di motivi aggiunti, in linea con quello previsto per il ricorso introduttivo, quindi trenta giorni. L’intervento del legislatore è quanto mai opportuno. In presenza, infatti, di un termine per ricorrere dimezzato rispetto a quello ordinario, si sarebbe corso il rischio di una illogicità e incoerenza del sistema laddove per i motivi aggiunti o per il ricorso incidentale fosse stato richiesto il termine ordinario di giorni sessanta.
Con la nuova disposizione, in altri termini, si dà coerenza quanto ai termini assegnati al ricorso principale, ai motivi aggiunti e al ricorso incidentale (per tutti giorni trenta).
Anche con l’intervento sul rito concernente l’inerzia della pubblica amministrazione (cd silenzio inadempimento) il correttivo mira ad una opera chiarificatrice e di completamento della relativa disciplina processuale. Con la novella, infatti, si è aggiunto il comma 6 bis dell’art. 117 del cpa ai sensi del quale i commi 2, 3, 4 e 6 del richiamato articolo si applicano anche ai giudizi di impugnazione.
Anche in sede di rito sul silenzio, quindi, come già previsto per l’accesso, per il rito speciale di cui all’art. 119 del cpa e per il rito in tema di appalti viene specificato che le regole processuali sono le medesime per entrambi i gradi di giudizio.
Per quanto concerne, infine, la modifica all’art. 31, comma1, del cpa, il legislatore ha voluto includere tra le ipotesi che consentono di azionare il rito del silenzio avverso l’inerzia della amministrazione, oltre ai casi in cui tale inerzia si registra per il decorso di un termine espressamente previsto per la conclusione del procedimento amministrativo, altre ipotesi in cui detta inerzia-inadempimento è prevista da particolari discipline. Tra questa ipotesi previste dalla legge, che consentono di adire il giudice amministrativo per stigmatizzare il silenzio amministrativo, ben può rientrare quella recentemente prevista dal d.l. 138/2011 in tema di Scia, laddove è sancita la possibilità per gli interessati di sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti alla amministrazione e di esperire, in caso di inerzia di questa, l’azione avverso il silenzio.
Del resto, coma ha osservato la giurisprudenza, presupposto per l’applicazione del rito speciale è il silenzio della PA e, in particolare, l’omissione di provvedimento che acquista rilevanza come ipotesi di silenzio rifiuto, attraverso il relativo, caratteristico procedimento, quando la medesima si sia resa inadempiente, restando inerte, a un obbligo di provvedere. Quest’ultimo può scaturire dalla legge o dalla peculiarità della fattispecie, per la quale ragioni di equità impongono l’adozione di un provvedimento al fine, soprattutto, di consentire al privato di adire la giurisdizione pe far valere le proprie ragioni.
L’obbligo di provvedere dell’amministrazione, poi, a sua volta, presuppone che l’istanza del richiedente sia rivolta a ottenere un provvedimento cui questi abbia un diretto interesse e che essa non appaia subito irragionevole ovvero risulti all’evidenza infondata. Pertanto, scopo del ricorso contro il silenzio-rifiuto è ottenere un provvedimento esplicito dell’amministrazione, che elimini lo stato di inerzia e assicuri al privato una decisione che investe la fondatezza o meno della pretesa.
Prof. Fabrizio Giulimondi
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