Il
saggio “Razzismo un'origine illuminista"
(Vallecchi) di Marco Marsilio (con prefazione di Gianni Scipioni Rossi), attento studioso della filosofia,
attualmente senatore della Repubblica, non è da leggere, bensì da studiare! Un
libro, complesso, estremamente erudito e colto trattato sulla storia del
razzismo e di tutte le correnti filosofiche, culturali (o pseudo tali) e di
pensiero che hanno - in piccola o in gran parte - contribuito alla sua
esistenza, da Erodoto al periodo successivo alla seconda guerra mondiale.
Marsilio fornisce un contributo
al dibattito sul "perché" del razzismo e sui suoi
"fondamentali" ideologici e storici in modo innovativo e, secondo me,
estremamente convincente.
L'anno
1492 con la scoperta del continente americano è il fatto storico che segna lo
spartiacque fra una concezione esistenziale e un'altra, determinando le
condizioni sociali, economiche e culturali per la creazione della moderna (e
devastante) concezione razzistica dei rapporti fra uomini singoli, comunità
umane e Nazioni.
L'illuminismo
e il positivismo costituiscono l'habitat ideale e scientifico ove il razzismo
cresce e si rafforza, ammantato da alte vestigia intellettuali e, protetto dal
pensiero di giganti quali Kant, Montesqieu, Voltaire, Russeau.
La
deificazione della Ragione, del Progresso, della Scienza e della Tecnica, la
espunzione dell'elemento religioso e spirituale dalla vita individuale e
sociale dell'uomo, con la prevalenza sul foro interno dell'elemento materiale,
empirico e razionale, che riduce l'essere umano, al pari della flora e della
fauna, ad oggetto di classificazione e di studi, condurrà fatalmente agli
orrori nazisti e comunisti... e non solo! Rimarrete stupefatti nello scoprire
cosa veniva attuato nel rispetto di legislazioni prodotte successivamente al
1945 nella civilissima Svezia, Norvegia, Danimarca e Svizzera.
Fabrizio Giulimondi
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