Un allievo alla Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara mi ha
posto il seguente quesito, che può interessare anche i lettori di questo blog:
“Integra la fattispecie di cui all'art. 328 c.p. l'ipotesi relativa al preposto
alla filiale di un Istituto Bancario che, a distanza di un anno dalla notifica
dell'ordine di esibizione di documentazione relativa a determinati conti
correnti, non ha ancora fornito la documentazione richiesta o l'ha
fornita solo in parte?”
La risposta è negativa, ma occorre argomentarla, facendo una breve
premessa sulla fattispecie criminosa del rifiuto di atti di ufficio-omissione,
prevista e punita dall’art. 328 c.p..
L’art.328 c.p. disciplina due distinte ipotesi di reato: nella prima il delitto
si perfeziona con la semplice omissione del provvedimento di cui si sollecita
la tempestiva adozione, incidente su beni di valore primario
(giustizia,sicurezza pubblica, ordine pubblico,igiene e sanità); nella seconda,invece,
ai fini della consumazione, “è necessario il concorso di due condotte omissive,
la mancata adozione dell’atto entro trenta giorni dalla richiesta scritta della
parte interessata e la mancata risposta sulle ragioni del ritardo.”.
Più specificamente,
l’art.328 c.p., nella sua attuale formulazione, prevede due distinte
fattispecie, di cui la prima è punita più gravemente, vale a dire il rifiuto di
atti d’ufficio, cioè tecnicamente il diniego espresso o comunque l’omissione di
atti dovuti dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio
(ad esempio un gestore concessionario di servizi pubblici essenziali come la
fornitura d’acqua,energia elettrica,ecc.) che indebitamente (in sintesi ingiustificatamente)
rifiuta un atto del suo ufficio (cioè di sua competenza) e, l’elemento oggettivo della figura delittuosa
in parola prevede che si debba trattare di atti dovuti per ragioni di
giustizia, o di sicurezza pubblica, di ordine pubblico o di igiene e
sanità . L’elenco delle ragioni e delle relative materie è tassativo,
tutte le altre fattispecie penalmente rilevanti potranno essere ricomprese nel
secondo comma dell’art.328 c.p., punito meno gravemente.
Una corrente di
pensiero giurisprudenziale più tralaticia (Cass. Sez. Un. 10467/81), muovendo
dal presupposto che l’attività bancaria fosse segnata da un interesse pubblico
imminente, era orientata nel senso di attribuire all’attività creditizia,
pubblica e privata, natura di servizio pubblico in senso oggettivo, e agli
impiegati degli enti creditizi la qualifica di incaricati di un pubblico
servizio. Tuttavia, già nel 1983 la Corte Costituzionale,
sulla scorta delle critiche che tale impostazione suscitava in dottrina, oltre
che degli orientamenti comunitari, rivolgeva un esplicito invito al legislatore
ad intervenire positivamente. La svolta, nel senso di riconoscere prevalente il
carattere imprenditoriale dell’attività creditizia (anche pubblica) è stata
segnata dalle Sezioni Unite della Cassazione Penale che, nella sentenza
8342/1987, affermava: «lo statuto penale della P.A. è applicabile soltanto
all’attività degli enti creditizi pubblici che esula dalla gestione economica».
I dipendenti delle banche, siano esse pubbliche o private, sono dunque semplici
impiegati privati e non esercenti un pubblico servizio. Tale indirizzo è stato
ribadito dalla decisione delle sezioni unite della Cassazione del 28 febbraio
1989 che ha affermato: "L'ordinaria attività bancaria, indipendentemente
dalla natura dell'ente che la esercita, è una attività di natura privata e,
conseguentemente, agli operatori bancari, quando esplicano la normale attività
di raccolta del risparmio e di esercizio del credito, non sono riferibili le
qualificazioni soggettive di cui agli articoli 357 e 358 del codice
penale"....."è di natura pubblica l'attività bancaria relativamente
ai crediti speciali o agevolati, e in genere a tutti i crediti di scopo legale,
e rispetto a questa attività è pertanto applicabile lo statuto penale della
pubblica Amministrazione". Va, però, segnalato che, nonostante l’avallo
che tale impostazione ha ricevuto dalla Corte Costituzionale (sent. 309/1988),
la l. 30 luglio 1990 n. 218 (legge “Amato”), nel prevedere le due figure di ente
pubblico conferente e di società bancaria conferitaria comporta l’assimilazione
dei dipendenti dell’ente pubblico conferente a quelli della Pubblica
Amministrazione sotto il profilo della responsabilità penale ai sensi degli artt.
357 e 358 c.p.. Particolare interesse assume la sentenza della Cassazione
24 aprile 1997, n. 3882 nella quale si evidenzia che l’attività delle banche, che normalmente esula dall’ambito
pubblicistico, vi è invece sottoposta per quelle funzioni collaterali svolte in
campo monetario, valutario, fiscale e finanziario, in sostituzione di enti non
economici nella veste di banche agenti o delegate, con le spettanze della
qualifica di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio ai relativi
operatori. Per ciò che concerne gli
amministratori (in senso lato) degli enti pubblici economici, accertare, di volta in volta, se
gli atti sono stati posti in essere nell’ambito della gestione privatistica
dell’attività imprenditoriale ovvero quali indicazioni di esercizio di poteri
autoritativi di autorganizzazione, ovvero di funzioni pubbliche svolte in
sostituzione dell’Amministrazione dello Stato, o di pubbliche potestà. Si
ricorda, infine, che sempre secondo la
Corte di Cassazione (Sent. 26 febbraio 1994, n. 3620), non sono
pubblici ufficiali gli amministratori di società
per azioni a partecipazioni pubblica in quanto la titolarità di
azioni di parte dello Stato, o di un ente pubblico, non muta la natura privata
delle società.
In conclusione: i
dipendenti, addetti, amministratori e preposti in genere agli Istituti
creditizi e bancari non sono qualificabili pubblici ufficiali o incaricati di
pubblico servizio, salvo le loro funzioni non rientrino in quelle autoritative
di autoorganizzazione o poste in essere in sostituzione della Amministrazione
dello Stato o di enti pubblici non economici, in correlazione con i servizi in
campo monetario, valutario, fiscale e finanziario. Si concreterà, pertanto, il
delitto di omissione o ritardo di atto di ufficio previsto e sanzionato
dall'art. 328 c.p. solamente se l'atto sia espressione di tale residuale
competenza bancaria e creditizia.
Prof.
Fabrizio Giulimondi
La presente pubblicazione è
depositata alla SIAE e tutelata a sensi della normativa vigente sul diritto d’autore.
Provvederò a citare il giudizio
dinanzi l’Autorità Giudiziaria competente chiunque copi totalmente o
parzialmente il testo senza il mio consenso preventivo.
Fabrizio Giulimondi
Nessun commento:
Posta un commento