giovedì 18 ottobre 2012

PAULO COELHO, IL MANOSCRITTO RITROVATO AD ACCRA




Il manoscritto ritrovato ad Accra
 
Paulo Coelho, Il Manoscritto ritrovato ad Accra, Bompiani, pare sia il libro più letto nelle ultime settimane nel globo terracqueo e, altrettanto,  pare che Paulo Coelho, i cui romanzi sono fra i più venduti al mondo (più di 56 milioni di libri,  pubblicati in più di 150 paesi e tradotti in 59 lingue), stia tentando l’ennesimo avvicinamento ad Oslo per il  Nobel per la letteratura.
Amo Coelho ma questa volta sono costretto a ritenere - specie dopo essermi accostato al saggio di Veneziani “Dio, patria e famiglia dopo il declino” -  l'ultima sua fatica  non adeguata ai livelli rappresentati dalle sue  opere precedenti quali L’Alchimista, Sulla Sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto e,  soprattutto,  Lo Zahir.
La letteratura di Coelho è pregna della tradizione New Age che è una variante contemporanea dell'esoterismo occidentale.
La New Age si ispira ai gruppi gnostici che sorsero nei primi anni del cristianesimo e acquista  importanza in Europa nel periodo della Riforma. Si è sviluppata parallelamente alle visioni scientifiche del mondo e ha acquisito una giustificazione razionale nei secoli XVII  e XVIII. Si è caratterizzata per il rifiuto progressivo di un Dio personale e per il concentrarsi su altre entità, come  gli angeli, che spesso fungono da intermediari fra Dio e l'uomo nel cristianesimo tradizionale.
La presenza importante di entità spirituali intermedie come elemento cardine del  pensiero religioso-spirituale-filosofico della New Age si trova specialmente ne L’Alchimista, ne Il cammino di Santiago, nel  Manuale del guerriero della luce  e, ne  Le Valchirie. Nel romanzo in commento non v’è nulla di tutto questo!
Qui Coelho utilizza una fictio per introdurre la narrazione.
Insieme ai papiri contenenti le traduzioni in copto dei testi greci composti fra il I e il II secolo d.C., costituenti  il corpus principale dei cosiddetti Vangeli apocrifi, espunti dal Nuovo Testamento nel 170 D.C., l’Autore argentino immagina venga scoperto  un altro manoscritto nella stessa località egiziana, Nag Hammadi, redatto nella lingua araba, ebraica e latina, risalente al 1307 D.C.,  che ricorda la sera del 14 luglio 1099, in una Gerusalemme che si prepara all’assalto dell’esercito crociato. Un uomo saggio di origine egiziana, sopranominato il Copto, riunisce nella piazza ove Pilato aveva processato Gesù secoli addietro, donne, uomini e fanciulli di religione cristiana, musulmana ed ebraica, presenti con i propri sacerdoti,  muftì e  rabbini; il Copto  ammaestra e illumina loro sui temi che l’assemblea stessa gli sottopone per mezzo di domande. Il Saggio nativo d’Egitto  risponderà – utilizzando anche espressioni di origine evangelica -  sulla sconfitta, sui perdenti, sulla solitudine, sul sentirsi inutili, sulla paura di cambiare, sulla bellezza, sulla direzione da prendere nella vita, sull’amore, sul destino, sul sesso, sulla eleganza, sul successo, sui miracoli, sul futuro, sulla lealtà, sui nemici, sull’ansia (che ha mio sommesso parere risulta essere il passaggio dello scritto di Coelho più affascinante e convincente).
Ma la  struttura del romanzo, lo stile adoperato nella esposizione del pensiero del Copto, la rilevazione delle idee  frutto del sinallagma fra domanda di colui che attende la guerra e la risposta del saggio  sui  temi più variopinti,  rientranti tutti nella vita quotidiana dell’esistenza umana, non possono non rimandare la mente immediatamente a  Il Profeta del  grande scrittore libanese Gibran! Anche il Profeta  risponde a domande poste dai  suoi amati concittadini sugli aspetti più profondi e su  quelli  - apparentemente – più secondari del vivere giornaliero (argomenti molto simili a quelli trattati dal Copto di Coelho), al momento della sua partenza per mare  dal villaggio ove ha abitato per lunghi anni.  
La risposta, amico mio, sta soffiando nel vento!
Fabrizio Giulimondi

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