Paulo Coelho, Il
Manoscritto ritrovato ad Accra, Bompiani, pare sia il libro più letto nelle ultime settimane nel globo
terracqueo e, altrettanto, pare che Paulo Coelho, i cui romanzi
sono fra i più venduti al mondo (più di 56 milioni di libri, pubblicati in più di 150 paesi e tradotti in
59 lingue), stia tentando l’ennesimo avvicinamento ad Oslo per
il Nobel per la letteratura.
Amo Coelho ma questa volta sono costretto a ritenere - specie dopo essermi accostato al saggio di Veneziani “Dio, patria e
famiglia dopo il declino” - l'ultima sua fatica non adeguata ai livelli rappresentati dalle sue opere precedenti quali L’Alchimista, Sulla Sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto e, soprattutto, Lo
Zahir.
La letteratura di Coelho è pregna della tradizione New Age che è una variante contemporanea dell'esoterismo occidentale.
La New Age si ispira ai gruppi gnostici che sorsero nei primi anni del
cristianesimo e acquista importanza in
Europa nel periodo della Riforma. Si è sviluppata parallelamente alle visioni
scientifiche del mondo e ha acquisito una giustificazione razionale nei secoli XVII e XVIII. Si è caratterizzata per il rifiuto
progressivo di un Dio personale e per il concentrarsi su altre entità, come gli angeli, che spesso fungono da
intermediari fra Dio e l'uomo nel cristianesimo tradizionale.
La presenza importante di entità spirituali intermedie come
elemento cardine del pensiero
religioso-spirituale-filosofico della New
Age si trova specialmente ne L’Alchimista,
ne Il cammino di Santiago, nel Manuale
del guerriero della luce e, ne Le
Valchirie. Nel romanzo in commento non v’è nulla di tutto questo!
Qui Coelho utilizza una fictio per
introdurre la narrazione.
Insieme ai papiri contenenti le traduzioni in copto dei testi greci
composti fra il I e il II secolo d.C., costituenti il corpus
principale dei cosiddetti Vangeli apocrifi, espunti dal Nuovo Testamento nel
170 D.C., l’Autore argentino immagina venga scoperto un altro manoscritto nella stessa località
egiziana, Nag Hammadi, redatto nella lingua araba, ebraica e latina, risalente al
1307 D.C., che ricorda la sera del 14
luglio 1099, in
una Gerusalemme che si prepara all’assalto dell’esercito crociato. Un uomo
saggio di origine egiziana, sopranominato il Copto, riunisce nella piazza ove
Pilato aveva processato Gesù secoli addietro, donne, uomini e fanciulli di
religione cristiana, musulmana ed ebraica, presenti con i propri
sacerdoti, muftì e rabbini; il Copto ammaestra e illumina loro sui temi che
l’assemblea stessa gli sottopone per mezzo di domande. Il Saggio nativo
d’Egitto risponderà – utilizzando anche
espressioni di origine evangelica - sulla sconfitta, sui perdenti, sulla
solitudine, sul sentirsi inutili, sulla paura di cambiare, sulla bellezza,
sulla direzione da prendere nella vita, sull’amore, sul destino, sul sesso, sulla
eleganza, sul successo, sui miracoli, sul futuro, sulla lealtà, sui nemici,
sull’ansia (che ha mio sommesso parere risulta essere il passaggio dello
scritto di Coelho più affascinante e convincente).
Ma la struttura del romanzo, lo
stile adoperato nella esposizione del pensiero del Copto, la rilevazione delle
idee frutto del sinallagma fra domanda
di colui che attende la guerra e la risposta del saggio sui temi più variopinti, rientranti tutti nella vita quotidiana
dell’esistenza umana, non possono non rimandare la mente immediatamente a Il
Profeta del grande scrittore
libanese Gibran! Anche il Profeta
risponde a domande poste dai suoi
amati concittadini sugli aspetti più profondi e su quelli - apparentemente – più secondari del vivere giornaliero
(argomenti molto simili a quelli trattati dal Copto di Coelho), al momento
della sua partenza per mare dal villaggio
ove ha abitato per lunghi anni.
La risposta, amico mio, sta
soffiando nel vento!
Fabrizio Giulimondi
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