La formulazione del presente commento mi ha impegnato
più di altri avendo la lettura di Romanzo Comunale determinato in me forti
emozioni e grande disagio nello stesso tempo, per aver vissuto quegli anni e conosciuto tutti i
personaggi del racconto, a partire dall’autore Umberto Croppi.
Umberto Croppi è stato un protagonista e un attento
osservatore della storia della Destra
italiana (anche se usare il singolare, a mio avviso, è un plateale errore che
anche io continuo a compiere: la
Destra è composta da tante Destre, differenti per
sensibilità, cultura, tradizioni, storia, uomini…..forse tante quanti sono
coloro che ad essa aderiscono): la sua
Destra non è la Destra di tanti miei amici,
ma il peso culturale ed intellettuale di Croppi oltrepassa questi, oramai tralatrici e desueti, confini ideologici.
Il titolo non può non rimandare la mente dei più
maliziosi a Romanzo Criminale, di
Giancarlo de Cataldo (e perché non al film Romanzo
Popolare?).
Il titolo, però, specie se volessimo sentirlo vicino al
libro di De Cataldo sulle gesta della Banda della Magliana, può trarre in
inganno, non rispecchiando in alcun modo il contenuto dello scritto di Croppi,
né potrebbe essere altrimenti. Chi si aspetta rivelazioni sensazionali e
truculente, sangue e vendette, odio e rabbia, bava e urla rimarrà deluso,
perché non conosce Croppi, E’ vero: generalmente i lavori ascrivibili al genere
letterario che si occupa di attualità a contenuto politico-partitico trasudano sudore e invettive nel loro linguaggio, nemici
da abbattere, verità assolute. Non questo, perché il libro è il prodotto
intellettuale della mente dello
scrittore e se colui che scrive è un signore
non potrà che esprimere la propria
signorilità nei periodi vergati sulla carta.
L’Autore con eleganza, garbo e ironia ripercorre la storia della Destra italiana e romana e le
vicende della amministrazione capitolina dall’insediamento della giunta Alemanno
nell’aprile del 2008 alla fatidica notte fra il 13 e il 14 gennaio del 2001,
durante la quale, a seguito dell’ azzeramento della giunta comunale avvenuto
due giorni prima, furono stabiliti i nomi degli assessori componenti il nuovo
organo esecutivo, con molte nuove entrate
e qualche conferma. Fra i non confermati ci fu proprio Croppi che vide
finire la propria esperienza come apprezzato e stimato Assessore alla Cultura
di Roma.
Croppi ebbe la capacità di sconfiggere il pregiudizio ideologico che inevitabilmente
l’intelligencija progressista della Città eterna nutriva nei confronti
dei nuovi inquilini del Palazzo Senatorio e, di conseguenza, verso lo stesso
Croppi, spin doctor alemanniano, uno
dei principali artefici della salita di “Gianni”
sullo scranno di Primo Cittadino della
Capitale d’Italia.
L’Autore con eleganza,
garbo e ironia riporta fatti non conosciuti ai più e, con altrettanta
eleganza, garbo e ironia – passatemi
l’espressione slang – dice cose toste, talora tostissime.
Chi conosce Umberto Croppi conosce inevitabilmente il suo sorriso ironico dipinto sul viso mentre
ascolta alcuni discorsi, oltre la sua bonomia condita con la finezza dell’intelletto:
ecco, Voi nel leggere Romanzo Comunale
vedrete dietro ogni parola quel sorriso ironico e quella bonomia.
L’aggressione da cui siamo abitualmente violentati nei programmi
televisivi qui non
esiste, a dispetto di certe strumentalizzazioni compiute da giornalisti
e opinionisti televisivi e della carta stampata nel recensire l’opera in parola.
L’ironia intelligente, financo graffiante e sferzante,
che permea tutte le pagine, dalla storia della Destra nazionale e locale a
quella del governo municipale romano, trionfa in pagine di rara alta ilarità
nella descrizione delle ore (fatalmente drammatiche e convulse) che hanno
preceduto la cessazione dall’incarico di Assessore alle Politiche Culturali di
Roma Capitale di Umberto Croppi.
Fabrizio Giulimondi
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