Fatalmente,
ad un certo punto della esistenza anche di un grande scrittore, giunge il
momento in cui l’ispirazione artistica, letteraria e poetica si smussa, si
affievolisce e deperisce. Rientra nell’ordine naturale delle cose. E’ ciò che è
capitato al grande Autore brasiliano Paulo
Coelho, che ha più volte sfiorato il Nobel per la letteratura e le cui
opere sono lette da decine di milioni di persone. E’ ciò che è capitato a Paulo Coelho con la sua diciannovesima
fatica letteraria “Adulterio” (Bompiani), talmente insulsa che non sono
riuscito a finire di leggere.
Dopo
romanzi fra il bello, il molto bello e lo splendido come L’Alchimista, Sulla sponda
del fiume Piedra mi sono seduto e ho pianto e Lo Zahir, dopo alcuni segni di cedimento già manifestatisi con Le Valchirie e il Manoscritto ritrovato ad Accra, Adulterio rappresenta la
veste noiosamente psicologica-introspettiva
della storia trita e ritrita di una ricca donna felicemente sposata, madre di
due bambini, residente nella perfetta e un po’ algida bellezza ginevrina, annoiata
e depressa (forse per troppo benessere, assenza di problemi e presenza di un marito bello e premuroso?) in cerca
di “altro”.
Di
libri di tal fatta ve ne sono a iosa in giro per il mondo e da Coelho ci si aspetta molto di più, ma,
forse, arriva il tempo in cui quel “molto di più” non si può più dare.
Fabrizio Giulimondi
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