“Avete scommesso sulla rovina di questo Paese e ci siete riusciti!”. Questa frase pronunziata da Carla Bernaschi, interpretata da Valeria Bruni Tedeschi, racchiude l’”anima” dell’ultima fatica di Paolo Virzì “Il capitale umano”, liberamente tratto dal libro Human Capital di Stephen Amidon.
Film ruvido, ben lontano dalla leggerezza di Passione Sinistra (recensito in questa stessa Rubrica), ambientato nelle località del brianzolo (a differenza del romanzo il cui set è il Connecticut), “Il capitale umano” ha un montaggio interessante, che struttura la trama in quattro capitoli.
La storia raccontata è sempre la stessa, ma nei primi tre “episodi” la visuale muta a seconda dalla prospettiva da cui viene osservata. I fatti sono i medesimi, ma interagiscono e si intrecciano diversamente fra di loro. Non solo: l’approccio interiore e psicologico cambia, di volta in volta, a seconda di quale sia il personaggio che assume il ruolo di attore principale.
Il capitolo finale espone ciò che è veramente accaduto.
La narrazione si snocciola in più avvenimenti che, al termine, confluiscono nello stesso finale, ossia in un incidente automobilistico che cagiona la morte di una persona.
La determinazione pecuniaria del “valore” del deceduto è tecnicamente qualificata dagli agenti assicurativi “capitale umano”, ed è introno a questo omicidio colposo che ruotano i rivoli illustrativi di ogni singola individualità.
Accanto ai grandi attori come Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi (Migliore Attrice Protagonista David di Donatello 2014) e Valeria Golino, si affiancano giovani leve già particolarmente talentuose, al pari di Serena Ossola, Luca Ambrosini e Guglielmo Pinelli, che incarnano le tre vittime del sistema mentale e comportamentale responsabile dell'attuale sfascio economico, finanziario e sociale. Tutti e tre sono rei di condotte ed atteggiamenti errati, ma almeno puri nel loro sbagliare, privi di malizia, colpevoli per generosità e amore, a dispetto delle loro famiglie, condannabili e condannati tout court, senza scampo, senza appello.
Fabrizio Giulimondi
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