God Speed!God Speed!God Speed!Speed us away: le parole e
il ritmo del brano Nowhere fast - che costella la colonna sonora della pellicola
degli anni ‘80 Streets of fire - possono raccontare musicalmente meglio di ogni
altro mezzo espressivo l’imperdibile
e intenso film di Ron Howard “Rush”.
L’adrenalina
sarà costantemente e massivamente presente nel sangue dello spettatore per tutta
la durata della proiezione. Emozioni, passioni, sentimenti di lealtà e slealtà,
di competizione e di vittoria, di delusione, di sconfitta e di esaltazione, non molleranno mai la presa sul pubblico. Si
corre sempre lungo quel confuso, nebuloso e incerto confine fra la vita e la
morte, perché i due protagonisti sono il pilota austriaco Niki Lauda,
interpretato da Daniel Brhul, e il suo competitor,
eterno suo rivale, il britannico James Hunt, fatto rivivere dall’attore di Thor Chris Hemsworth (altra presenza di nota è quella di
Pierfrancesco Favino nelle vesti di Clay Regazzoni).
Il
primo, tre volte campione mondiale di Formula 1 (nel 1975 e 1977 con la
Ferrari e nel 1984 con la Mclaren), è
rigoroso, puntiglioso, disciplinato, rispettoso delle regole, caratterialmente ruvido
molto serio nella vita personale e convintamente monogamo. Il secondo, esattamente l’opposto come personalità e stile
di vita, affogato nelle belle donne,
nelle feste, condite e shakerate con
alcol e droghe, vive come se ogni giorno fosse l’ultimo.
Hunt
vincerà il campionato mondiale del 1976, con una macchia nel suo ambito
traguardo: il 1 agosto 1976 Niki Lauda, nonostante la sua netta contrarietà,
partecipa al gran premio di Germania nella pericolosissima pista di
Nurburgring, mentre una perturbazione si impone sulla corsa in barba alle
comuni norme di sicurezza per veicoli che, al tempo, raggiungevano su
rettilineo i 270 km/h. Il grande pilota austriaco con la tuta rossa della Ferrari ha un
incidente gravissimo e il fuoco e l’alta temperatura ne deturpano il viso.
La narrazione del film si fa
dettagliata e, a volte, impressionante. Ron Howard rende bene la commovente caparbietà,
determinazione e forza d’animo di Lauda. Mentre i medici gli infilano tubi senza alcuna sedazione per
la gola e lungo i polmoni per svuotali dai liquidi che vi si erano accumulati,
la vista alla televisione dell’avversario Hunt che arriva primo negli altri Gran
Premi, rosicchiando punti e riducendo sensibilmente le distanze dal suo primo
posto, spinge il campione pervicacemente
a non mollare.
E infatti non molla e torna
dopo poche settimane in pista per vincere ancora.
La gara finale, in Giappone,
mostrerà la grandezza come sportivo e come uomo di Niki. Le previsioni
meteorologiche sono infauste e la
pioggia scroscia abbondantemente sulla pista ai piedi del monte Fuji. Solo tre
punti dividono James Hunt dall’ancora primo classificato Niki Lauda. La decisione
dell’austriaco è fra correre con altissimo rischio per la propria vita e rinunziare,
ritirandosi nei box, nella speranza che Hunt non prenda quei tre punti decisivi.
Lauda nel frattempo si è
sposato e l’amore per la moglie si insinua nelle pieghe della risoluzione da
prendere. Un pensiero, un dubbio, una idea entra prepotentemente dentro di lui e si
frappone fra la macchina da corsa e la
meta del secondo campionato mondiale di Formula 1 da acciuffare, lì, ormai a
portata di mano: “La felicità è un
nemico. Tutto a un tratto ti rendi conto che hai qualche cosa da perdere!”.
Le
immagini di repertorio sono il tocco di classe finale.
Fabrizio Giulimondi
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