I più
vedono la Storia come una fredda concatenazione di fatti distanti dalle
passioni umane, e sbagliano. La Storia è un permanente tracciato fatto di passioni,
cuore, cervello, emozioni, sentimenti, odio e amore. La Storia è fatta del sangue
di donne e uomini che la forgiano insufflandole lo spirito vitale. Sono le opere umane a scolpire gli eventi
storici.
Domenico Crocco irradia
da questo punto di fuga la composizione delle vicende del “passato prossimo”
italico: la sua ultima fatica letteraria “Il
Ministro delle grandi opere che disse no a Mussolini. Vita di Araldo di Crollalanza”,
con prefazione di Gennaro Sangiuliano
(CEDAM, Wolters Kluwer), ne è la plastica
testimonianza. Ho dovuto più volte interromperne la lettura perché la
commozione da una parte, e l’entusiasmo di conoscere verità occultate dall’altra,
ne hanno ostacolato il cammino. “Il
Ministro delle grandi opere che disse no a Mussolini” è il ricordo del ventennio
fascista (e oltre) attraverso l’illustrazione della realizzazione di opere
pubbliche e delle bonifiche da parte di un uomo che coinvolge e affascina: Araldo di Crollalanza.
Giornalista
pugliese, fascista, Araldo di
Crollalanza è stato podestà di Bari nel 1926 a soli 34 anni, Sottosegretario
al Ministero dei lavori pubblici nel 1938 e Ministro nel medesimo Dicastero per
cinque anni fra il 1930 e il 1935. Un uomo che in veste di podestà andava in
giro per le strade baresi a constatare se i suoi provvedimenti fossero attuati
e rispettati e toccare con mano i problemi dei suoi concittadini. Un uomo che
come Sottosegretario e Ministro ha messo al primo posto il bene dello Stato e
della Comunità nazionale, facendo ergere città e edifici di ogni tipo su tutto
il territorio nazionale, liberando da paludi e malaria centinaia di migliaia di
ettari di terreno. Un uomo che pronunziando un chiaro e coraggioso “No!” al
Duce, ha anteposto l’interesse nazionale a quello di un individuo, anche se quell’individuo
si chiamava Benito Mussolini.
L’Autore
intarsia la biografia di Crollalanza - nove
volte padre, risposato dopo la morte della giovane moglie - di annotazioni letterarie e documentali, tratte
prioritariamente dai lavori di De Felice -, impreziosendola con aneddoti del
nipote prediletto, Enrico Fronticelli.
L’approccio
a questo racconto saggistico è minuzioso, dettagliato, attento, puntuale e
puntiglioso, ricco di particolari, fascinose descrizioni dei locali, degli
ambienti e dell’ufficio del Primo Ministro a Palazzo Venezia. Potenti sono le
ricostruzioni dei dialoghi fra Crollalanza
e il Dittatore, ma mai pedanti, noiose o pesanti. Attraverso ogni singola
azione del Crollalanza marito, padre
e esponente delle Istituzioni, viene fuori prepotentemente la bellezza di una
esistenza che si è fatta servizio policromo per la Patria: ”Ma nessun attaccamento al potere e alla
poltrona. Piuttosto fiducia nelle prospettive che il futuro saprà aprire.
Araldo sa bene che il suo successo nell’avventura ministeriale è stato quello
di vivere l’incarico a Porta Pia come se ogni giorno fosse l’ultimo. Ed è vero,
come dice Mussolini, che si può passare da una tenda al palazzo solo se si è
pronti a ritornare, ove occorra, nella tenda. Ora è il momento di tornare, con
umiltà, nella tenda, ma anche con il legittimo orgoglio per le tante cose fatte.”.
E’ un
incedere narrativo che investe ed entra dentro il lettore facendogli percepire
gli odori della Puglia e l’intimo attaccamento ad essa di Crollalanza, Questo radicato affetto per la propria Terra si
trasforma in infrastrutture che percorrono il Tavoliere, il Gargano e il Salento,
per esplodere nella Fiera del Levante.
E’ un
percorso di vita cha ripercorre le stagioni italiane e in esse si scioglie dando
forma ad una nuvola acquea che si espande dal passato in direzione del futuro: ”Passato, presente e futuro, pur
rappresentando tre tempi diversi, hanno per me una continuità ideale che mi è
sempre stata di guida. Non rinnego il passato”.
Crollalanza
assomma in sé molte dimensioni, molti mondi, molti sistemi solari, tutti
confluenti in intramontabili sensazioni in chi legge, teatralmente riassunti in
quel fermo “No!” a Mussolini. In quel timido ma tenace diniego si condensa la purezza
della dedizione all’Italia.
Fabrizio Giulimondi
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