La tecnica legislativa e il linguaggio normativo
costituiscono l’immediata risposta alla crisi della legge.
La prima fase di ogni dibattito dottrinale in tema di drafting ha avuto ad oggetto proprio la
definizione dei criteri per la redazione formale degli atti legislativi,
dedicando una particolare attenzione alla struttura dell’atto, alle sue
partizioni interne e al linguaggio normativo. Il cd. drafting in senso formale si incentra proprio su questi aspetti e, dunque,
sui criteri redazionali dell’atto e lo studio delle espressioni linguistiche
che ne facilitano la comprensione.
Il lavoro della dottrina è stato prezioso in quanto ha chiarito e precisato i termini del
problema, individuando i rischi e le situazioni di patologia che avrebbero
cagionato una legislazione oscura e inaccessibile.
Lo studio della legistica
ha avuto il suo esordio, quindi, con gli approfondimenti in materia di tecnica
legislativa .
A partire dagli anni ‘80 l’interesse per tale
metodologia si diffuse in tutti i Paesi europei, incluse le Istituzioni
comunitarie.
I problemi di ordine formale risultano i più urgenti da
risolvere in quanto inquinano l’ordinamento
giuridico rispetto ai requisiti di chiarezza, organicità, certezza ed efficacia
della norma giuridica.
La disamina della problematica formale può ricondursi a
tre ordini di fattori:
-
la genericità e l’ambiguità delle espressioni usate;
-
il ricorso eccessivo ai rinvii ad altri testi legislativi;
-
le incertezze sistematiche in relazione agli effetti della norma nel contesto
legislativo vigente.
Il primo ostacolo da superare per
una più corretta stesura del testo normativo è di natura semantica e
linguistica. Il linguaggio adoperato per formulare il testo normativo ha un
importanza decisiva per la realizzabilità e praticabilità del diritto, dovendo
tendere ad un estrema precisione dal punto di vista morfologico, grammaticale,
semantico e sintattico.
La consapevolezza che il punto
nodale del procedimento di formazione delle leggi fosse la formulazione del linguaggio normativo era
già viva nella dottrina giuridica nel 1800, tanto che Summer Maine indicava al buon
legislatore l’ obiettivo della utilizzazione
di un linguaggio semplice e di facile
comprensione per il destinatario del comando normativo.
La ricerca di una formulazione del
testo legislativo in un linguaggio tale da rendere la disposizione praticabile ed attuabile alla realtà concreta
diventa sempre più impellente, ed emerge così l’esigenza di una figura professionale
che curi la redazione dell’atto
indipendentemente dalle implicazioni di natura politica.
Il draftman ( che troviamo presso gli uffici legislativi delle
Assemblee parlamentari e regionali) ha il compito di procedere alle prime
scelte di linguaggio, valutando l’opportunità di optare per un termine
piuttosto che per un altro, rispettando
canoni stilistici in grado di minimizzare le difficoltà attuative.
La tecnica legislativa comprende,
quindi, come primo passaggio tutti gli interventi che incidono su un piano squisitamente
grammaticale, sintattico e morfologico.
Tale scienza si focalizza, oltre su un problema linguistico, anche sul ricorso eccessivo ai rinvii esterni e sull’ incidenza degli effetti della norma in
seno al contesto legislativo vigente.
Il tema dei riferimenti esterni è
particolarmente sentito a livello dottrinale, inclusa la problematica inerente
l’incertezza nella distinzione tra rinvii statici e rinvii dinamici.
Per rinvio statico si suole intendere il richiamo ad un determinato
testo, così come esistente nella sua formulazione formale in quello specifico momento storico, essendo insensibile
alle successive sue integrazioni, sostituzioni o modificazioni.
Per rinvio dinamico, invece, si vuole significare il rimando ad un
articolato - o parte di esso - nei vari suoi cambiamenti testuali nel tempo:
si applicherà, di conseguenza, il disposto della norma richiamata così come
configurato al momento della sua attuazione. Ancora più chiaramente: se
l’articolo X richiama l’articolo Y, che ha subito la modifica 1, poi 2 e, infine, 3, sarà applicata la versione 1, 2 o 3 dell’articolo Y a seconda che l’articolo X si
applichi quando era vigente la formulazione 1, 2 o 3 della disposizione richiamata.
La dottrina – a tale proposito
- ha discusso sulla opportunità di
tecniche redazionali basate sui riferimenti ad altri documenti, suggerendo in
tale ipotesi di riportare il contenuto delle disposizioni richiamate
all’interno dell’articolo richiamante: non una semplice indicazione delle
coordinate individuanti l’atto richiamato, ma la trasposizione per intero del
contenuto di quest’ultimo in seno alla struttura richiamante.
Si è oramai concordi nel tollerare
una formazione del testo per rinvio di
tipo occasionale, censurando, al
contrario, gli interventi regolatori fondati
su rinvii a catena (l’articolo X
richiama l’articolo Y, che a sua volta rimanda all’articolo Z, e così via).
L’ultimo aspetto riconducibile ai
problemi di natura formale dell’atto legislativo si riferisce agli interventi
che incidono sulla efficacia e sull’ambito operativo dell’atto medesimo, come i meccanismi della abrogazione e della
modifica di un testo.
Quando l’abrogazione o la
modifica viene posta in essere in
maniera esplicita la cessazione della esistenza nell’ordinamento giuridico
della norma o la sua modifica risulterà in modo immediato e di palmare evidenza,
mentre le difficoltà, specie di tipo ermeneutico, sorgeranno nella evenienza di interventi di natura implicita, che
determinano incertezze applicative: si
consiglia, pertanto, di prediligere sempre la strada della abrogazione o della modificazione testuale realizzate in modo esplicito.
Fabrizio Giulimondi
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