venerdì 1 giugno 2012

PROF. FABRIZIO GIULIMONDI: APPENDICE: TECNICA LEGISLATIVA




La tecnica legislativa e il linguaggio normativo costituiscono l’immediata risposta alla crisi della legge.
La prima fase di ogni dibattito dottrinale in tema di drafting ha avuto ad oggetto proprio la definizione dei criteri per la redazione formale degli atti legislativi, dedicando una particolare attenzione alla struttura dell’atto, alle sue partizioni interne e al linguaggio normativo. Il cd. drafting in senso formale si incentra proprio su questi aspetti e, dunque, sui criteri redazionali dell’atto e lo studio delle espressioni linguistiche che ne facilitano la comprensione.
Il lavoro della dottrina è stato prezioso in quanto  ha chiarito e precisato i termini del problema, individuando i rischi e le situazioni di patologia che avrebbero cagionato una legislazione oscura e inaccessibile.
Lo studio della legistica ha avuto il suo esordio, quindi, con gli approfondimenti in materia di tecnica legislativa .
A partire dagli anni ‘80 l’interesse per tale metodologia si diffuse in tutti i Paesi europei, incluse le Istituzioni comunitarie.
I problemi di ordine formale risultano i più urgenti da risolvere in quanto inquinano  l’ordinamento giuridico rispetto ai requisiti di chiarezza, organicità, certezza ed efficacia della norma giuridica.
La disamina della problematica formale può ricondursi a tre ordini di fattori:
-         la genericità e l’ambiguità delle espressioni usate;
-         il ricorso eccessivo ai rinvii ad altri testi legislativi;
-         le incertezze sistematiche in relazione  agli effetti della norma nel contesto legislativo vigente.

Il primo ostacolo da superare per una più corretta stesura del testo normativo è di natura semantica e linguistica. Il linguaggio adoperato per formulare il testo normativo ha un importanza decisiva per la realizzabilità e praticabilità del diritto, dovendo tendere ad un estrema precisione dal punto di vista morfologico, grammaticale, semantico e sintattico.
La consapevolezza che il punto nodale del procedimento di formazione delle leggi fosse  la formulazione del linguaggio normativo era già viva nella dottrina giuridica nel 1800, tanto che Summer Maine indicava al buon legislatore  l’ obiettivo della utilizzazione di un linguaggio semplice e di facile  comprensione per il destinatario del comando normativo.
La ricerca di una formulazione del testo legislativo in un linguaggio tale da rendere la disposizione  praticabile ed attuabile alla realtà concreta diventa sempre più impellente, ed emerge così l’esigenza di una figura professionale  che curi la redazione dell’atto indipendentemente dalle implicazioni di natura politica.
Il draftman ( che troviamo presso gli uffici legislativi delle Assemblee parlamentari e regionali) ha il compito di procedere alle prime scelte di linguaggio, valutando l’opportunità di optare per un termine piuttosto che per un altro,  rispettando canoni stilistici in grado di minimizzare le difficoltà attuative.
La tecnica legislativa comprende, quindi, come primo passaggio tutti gli interventi che incidono su un piano squisitamente  grammaticale, sintattico  e morfologico.
Tale scienza  si focalizza, oltre su un  problema linguistico, anche sul ricorso  eccessivo ai rinvii esterni e  sull’ incidenza degli effetti della norma in seno al contesto legislativo vigente.
Il tema dei riferimenti esterni è particolarmente sentito a livello dottrinale, inclusa la problematica inerente l’incertezza nella distinzione tra rinvii statici e rinvii dinamici.
Per rinvio statico si suole intendere il richiamo ad un determinato testo, così come esistente nella sua formulazione formale  in quello specifico momento storico, essendo insensibile alle successive sue integrazioni, sostituzioni o modificazioni.
Per rinvio dinamico, invece, si vuole significare il rimando ad un articolato -  o parte di esso -  nei vari suoi cambiamenti testuali nel tempo: si applicherà, di conseguenza, il disposto della norma richiamata così come configurato al momento della sua attuazione. Ancora più chiaramente: se l’articolo X richiama l’articolo Y, che ha subito la  modifica 1, poi  2 e, infine, 3, sarà applicata la versione 1, 2 o 3  dell’articolo Y a seconda che l’articolo X si applichi  quando  era vigente la formulazione  1, 2 o 3 della disposizione richiamata.
La dottrina – a tale proposito -  ha discusso sulla opportunità di tecniche redazionali basate sui riferimenti ad altri documenti, suggerendo in tale ipotesi di riportare il contenuto delle disposizioni richiamate all’interno dell’articolo richiamante: non una semplice indicazione delle coordinate individuanti l’atto richiamato, ma la trasposizione per intero del contenuto di quest’ultimo in seno alla struttura richiamante.
Si è oramai concordi nel tollerare una formazione del testo per rinvio di tipo occasionale,  censurando, al contrario,  gli interventi regolatori fondati su rinvii a catena (l’articolo X richiama l’articolo Y, che a sua volta rimanda all’articolo Z, e così via).
L’ultimo aspetto riconducibile ai problemi di natura formale dell’atto legislativo si riferisce agli interventi che incidono sulla efficacia e sull’ambito operativo dell’atto medesimo,  come i meccanismi della abrogazione e della modifica di un testo.
Quando l’abrogazione o la modifica  viene posta in essere in maniera esplicita la cessazione della esistenza nell’ordinamento giuridico della norma o la sua modifica risulterà in modo immediato e di palmare evidenza, mentre le difficoltà, specie di tipo ermeneutico,  sorgeranno  nella evenienza  di interventi di natura implicita, che determinano incertezze  applicative: si consiglia, pertanto, di prediligere sempre la strada della abrogazione o  della modificazione testuale  realizzate in modo esplicito.


         Fabrizio Giulimondi

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