Dove finisce Roma, opera prima della studiosa di
letteratura Paola Soriga, la cui origine sarda ben trapela dalle pagine del libro edito
dalla Einaudi, nelle quali il suo dialetto (o lingua?) viene spruzzato un po’ ovunque.
Compirete due
percorsi, uno spaziale e l’altro temporale.
Attraverserete i quartieri e le strade di Roma dal
centro alla periferia e entrerete nelle botteghe e nelle locande,
alcune tutt’oggi esistenti. Respirerete l’aria della Roma degli
anni fra il 1938 e il 1944, per intraprendere
il secondo cammino, lungo il tempo: le leggi razziali del 18 settembre 1938; la
dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940; il bombardamento americano di San
Lorenzo del 19 luglio 1943 che provocò 3000 morti e 11.000 feriti; la fatidica notte fra
il 24 e il 25 luglio 1943 con la caduta di Mussolini a seguito della approvazione
dell’emendamento Grandi da parte del Gran Consiglio del Fascismo e il conseguente
suo arresto; la ascesa al potere del governo
Badoglio grazie al quale, il 14 agosto 1943, Roma sarà dichiarata Città Aperta;
l’armistizio firmato il 3 settembre 1943
fra il governo Badoglio e le autorità militari alleate, reso pubblico solo l’8 settembre per dare il tempo ai componenti
di quest’ultimo e al re Vittorio Emanuele III di fuggire a Bari; la raccolta di
cinquanta chili d’oro da parte della comunità ebraica di Roma per salvarsi
dalla deportazione nei giorni 26 e 27 settembre 1943, deportazione che avverrà
lo stesso la mattina del 16 ottobre 1943 (a differenza di quanto riportato a pagina 72 che erroneamente indica la data del
16 dicembre) con il terribile rastrellamento del Ghetto; la strage delle Fosse
Ardeatine del 24 marzo 1944,
a seguito dell’attentato di Via Rasella ad opera dei g.a.p.
(Gruppo di Azione Patriottica) romani che cagionò l’uccisione di trentatré
soldati altoatesini; e, infine, la
liberazione della Città Eterna il 4 giugno 1944.
Il racconto è compiuto da una giovanissima ragazza sarda, Ilda,
giunta nel 1938 all’età di dodici anni insieme alla sorella Agnese e al cognato
Francesco nel popolare quartiere romano
di Centocelle, dove, accolta da una
numerosa e calorosa famiglia
antifascista, diventerà grande amica di Rita (con la quale dividerà
l’esperienza della resistenza come staffetta partigiana) e di Micol, ricca ragazza ebrea che sarà inghiottita
dall’orrore dell’Olocausto.
Intorno alla protagonista si stagliano
e si muovono una moltitudine di
personaggi, avvolti tutti da un comune destino: la paura, la fame, il dolore,
la morte.
Le pagine dedicate all’arrivo delle forze alleate a
Roma richiamano le emozioni lasciate dai racconti di chi ha vissuto quel
periodo: lo sventolio di raffazzonate
bandiere a stelle e strisce, la
gente per strada, la fine di un tragico incubo che ha condotto alla morte di 54 milioni di europei (la seconda guerra
mondiale cesserà definitivamente con la
presa di Milano il 25 aprile 1945, la eliminazione fisica di Benito Mussolini il 28 aprile 1945, il suicidio di Adolf Hitler il 30 aprile 1945
e le due esplosioni nucleari di Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki (9 agosto
1945).
Il romanzo, interessante sotto l’aspetto storico, per le
ricostruzioni familistiche e le splendide descrizioni ambientali romane,
risente della mancanza di un vero pathos,
oltre dell’uso di uno stile
linguistico che rischia di stancare il lettore, a causa della costante presenza
della terza persona, del periodare con il discorso indiretto e dell’eccessivo
inserimento della congiunzione e per unire le frasi – talora troppe - fra di loro.
Fabrizio Giulimondi
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