Con il termine sardo femina accabadora, oppure femina agabbadòra, comunemente accabadora (s'accabadóra, "colei che
finisce", probabilmente dallo spagnolo acabar, "finire",
"terminare") si suole indicare
una donna che uccideva persone anziane in condizioni di malattia tali da
portare i familiari o la stessa vittima, a richiedere l’ eutanasia.
Non c'è unanimità sulla storicità di queste figure, non ritenendo molti antropologi che siano realmente esistite, mentre
quelli ad esse favorevoli, valutano che
il fenomeno si sia sviluppato solamente nell’ area delle Marghine,
di Planargia e della Gallura.
La pratica non doveva essere retribuita dai parenti dell'anziano essendo
la liquidazione di un compenso contraria ai dettami religiosi e della superstizione.
Diverse sono le pratiche di uccisione utilizzate dalla accabadora:
si dice che entrasse nella stanza del morente vestita di nero e con il volto
coperto, togliesse dall'ambiente ogni tipo di manufatto riconducibile alla
sfera del sacro e procedesse alla sua eliminazione tramite soffocamento con un cuscino. E’ così che l’”Accabadora” raccontata da Michela Murgia
(Einaudi Numeri Primi), vincitrice del Premio Campiello 2010, pratica la “dolce
morte” agli anziani di un piccolo villaggio sardo nel protrarsi della prima
guerra mondiale.
La storia parte lenta, sonnecchiante, un po’ noiosa, talora di non
facile comprensione, fra costumi, riti e curiosità culinarie sarde. Con il trascorrere della lettura la narrazione
si fa però avvincente, lievemente
ansiogena e inquietante, se vogliamo a tinte fosche.
Due sono le protagoniste: Tzia Bonaria, sarta ma, alle bisogna, accabadora,
e Maria, la di lei fill’e anima, antico istituto
giuridico sardo che consentiva ad una
famiglia povera di dare in una sorta di adozione o affidamento un figlio ad una persona, anche
sola, ma in agiate condizioni economiche.
Tzia Bonaria prende con sé Maria, crescendola dall’ età di otto anni ai
dodici come una figlia, finché quest’ultima scopre il secondo vero mestiere
della “madre”, al momento in cui viene praticato su un ragazzo che, nel
compimento di una azione vandalica incendiaria, era stato attinto ad una gamba
da una pallottola, arto che gli sarà amputato una volta divenuto putrescente.
Maria fuggirà nel continente ove farà la bambinaia a Torino a due ragazzi, una bambina
e un adolescente, che porta con sé un
segreto. Del tragico mistero ne sarà
partecipe Maria e tale conoscenza muterà il rapporto fra i due, non più di tata
e fanciullo. La ragazza tornerà, cacciata dall’ alcova, nell’ Isola, dove troverà
la madre adottiva devastata da un ictus…… e ciò che aveva giurato che mai
avrebbe fatto, sarà compiuto!
Fabrizio Giulimondi
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