Indubbiamente un
libro gradevole, molto scorrevole e assolutamente adatto alla stagione estiva è l’ultima fatica letteraria
di Luca Bianchini “Io che amo solo te” (Mondadori), titolo
tratto dalla omonima canzone di Sergio Endrigo e che ne fa da colonna sonora.
Il romanzo in molti
suoi passaggi e personaggi ricorda opere cinematografiche e teatrali che, a mio
sommesso avviso, l’Autore aveva ben presente durante la stesura del libro.
Don Mimì, una delle
figure principali della narrazione, rimanda nella sua descrizione fisica e,
specialmente, in quella dei baffi, Pasqualino
Settebellezze, interpretato da
Giancarlo Giannini nel famoso film di Lina Wertmuller, ma anche in qualche suo
aspetto caratteriale il Don Mimì della
grandiosa commedia di Eduardo de Filippo Filumena
Marturano.
La
tragi-comica personalità di Orlando,
omosessuale, rimanda la mente alle storie raccontate in Manuale d’Amore 2 (di Giovanni Veronesi) da Sergio Rubini e Antonio
Albanese e, in maniera meno leggera e più sofferta, in Mine
Vaganti (di Ferzan Ozpetek) da Riccardo Scamarcio e Alessandro Preziosi.
Al pari di queste
due pellicole, il racconto è ambientato nell’entroterra pugliese, in cittadine
di cui lo Scrittore esalta il provincialismo e i dettagli piccolo-borghesi,
facendoli diventare motivo di ironia, strappando più di qualche sorriso al
divertito lettore.
La trama si snoda
intorno ai preparativi del matrimonio fra Chiara e Damiano, sino al giorno
delle nozze e alle ore che si snoderanno successivamente.
Come tutte le
commedie all’italiana che si rispettano, dietro l’organizzazione dell’evento e
parallelamente alla storia ufficiale di ogni singolo personaggio, esiste un altro racconto, ad una vicenda se ne
cela un’altra, una vicissitudine ne svela un’altra.
Chiara è figlia
della vedova Ninella (umile sarta) e sorella di Nancy, diciassettenne che ha
come obiettivo primario imminente la perdita della verginità (regolarmente con
l’idiota di turno Tony). Damiano, figlio della ricca famiglia Scagliusi, re
delle patate locali, balbuziente quanto basta per creare delle simpatiche gheg, si sposa perché così va fatto e perché ad un certo punto un uomo si deve
sistemare. E’ così che gli ha insegnato Don Mimì, il padre, sposato con
Matilde, donna che ce l’ha sempre con il mondo interno.
Orlando - altro
figlio di Matilde e don Mimì e fratello
di Damiano - si fa usare senza ritegno da un altro uomo (l’innominato), latore delle
stesse tendenze - ma sposato e
con prole - che si presenterà al
matrimonio, determinando una vis comica
simile alla migliore tradizione latina di Terenzio e Plauto, rafforzata dalla
pantomima di Orlando di fingersi eterosessuale portandosi in Chiesa, a mò di
fidanzata, Daniela, che in realtà è
lesbica e convive con un’altra donna.
La verità è che i
consuoceri si amano da quando erano ventenni. Don Mimì ha dovuto sposare Matilde
e non Ninella a causa del fratello di quest’ultima, zio Franco, al tempo
arrestato per essere implicato in un affare di contrabbando.
Ninella e don Mimì
non hanno mai spesso di amarsi e solo a messa, al momento della comunione, possono
lanciarsi uno sguardo furtivo: al taglio della torta, finalmente, potranno
concedersi un romantico e struggente ballo.
Chiara e Damiano si
sono sposati al posto loro.
Interessanti anche
i personaggi secondari, la cui raffigurazione non può non far balenare ad
ognuno di noi il ricordo di parenti lontani che hanno passato il tempo a spettegolare, a mettere bocca su
tutto, ad impicciarsi di ogni piccola cosa che riguardasse gli altri, che conoscevano sempre la cosa migliore da fare e, al momento
del pranzo nuziale, davano il meglio di
se stessi: “ci voleva un po’ più…ci
voleva un po’ meno…..”.
Cosimo (cugino di
Damiano), Mariangela (cugina di Chiara) e, soprattutto, la zia Dora, moglie di
Zio Donato, fratello del defunto marito di Ninnella, incarnano mirabilmente
tutto questo.
Non posso non
spendere una ultima parola sui saggi
consigli forniti da Ninella alla figlia Chiara alle soglie del “grande passo”, di cui
uno, credo, possa risultare -
qualora seguito - particolarmente
efficace: “Nel dubbio fatti i cazzi tuoi!”
Fabrizio Giulimondi
Nessun commento:
Posta un commento