Il 25 ottobre scorso, con una risoluzione
del Parlamento europeo, gli europarlamentari hanno chiesto
l’adozione di un Piano d’azione per l’eliminazione della criminalità
organizzata, della corruzione e del riciclaggio di denaro. Il Parlamento europeo chiede norme a livello di Unione Europea per la
confisca dei beni delle organizzazioni criminali ed il loro riutilizzo a fini
sociali, oltre per la protezione di chi esercita l’azione di denuncia.
Vi può
essere corruzione senza Mafia, ma non esiste Mafia senza corruzione: il
contrasto alla corruzione costituisce fatalmente anche un contrasto alla Mafia.
Il settore degli appalti pubblici è di
primaria appetibilità per la Mafia che vi vede un modo per riciclare capitali
illeciti ed ottenere lecite ed ingenti somme di denaro, fornendo
contestualmente occupazione. Questo è un salto sociale e, mi si passi
l’espressione, “culturale”, che le organizzazioni criminali stanno operando: dalla
fase intimidatoria e violenta a quella della cooptazione della volontà umana
tramite l’offerta di vantaggi ed utilità, come un posto di lavoro. La Mafia
si struttura ad impresa, paragonabile ad una grande azienda multinazionale che
vive nell’illegalità utilizzando, però, strumenti e percorsi formalmente
legittimi. La prevenzione della infiltrazione mafiosa nelle gare d’appalto è
uno dei grimaldelli principali per ostacolare l’avanzata del potere economico-mafioso,
consentendo solamente alle imprese sane e tecnicamente e finanziariamente
attrezzate di poter partecipare a procedure ad evidenza pubblica: se ne
avvantaggia lo Stato che riceve lavori, servizi e forniture qualitativamente ottimi
ed il mercato, che vede valorizzati i suoi operatori migliori.
Il rating
di legalità e di impresa va esattamente in questa direzione. Il primo
diventa un vero e proprio motore concorrenziale per le imprese, grazie ad un
sistema di valutazione delle aziende, a fini premiali o sanzionatori, basato sul
rispetto della normativa e dei codici di autoregolamentazione. L’affidabilità di un operatore economico è
di primaria importanza non solo per la stazione appaltante, ma per le stesse
imprese in fase di affidamento dei lavori in sub-appalto: è in questa fase
che la Mafia si insinua ed è in questa fase che deve essere bloccata. Il rating di impresa, introdotto nella
riformulazione del codice degli appalti, va esattamente in questa direzione,
soccorrendo le stazioni appaltanti nella individuazione del soggetto aggiudicatario, che deve possedere
sin dalla presentazione dell’offerta requisiti reputazionali in relazione alle
proprie capacità strutturali e d’affidabilità.
Quanto
sino ad ora accennato suggerisce la necessità di investire in trasparenza: una Pubblica
Amministrazione intesa come una turatiana “Casa di vetro” costituisce il più
grande ostacolo all’opera di corruttela, che sostanzia uno dei principali
cromosomi del DNA mafioso.
Gli open data formano gli anticorpi ai
condizionamenti malavitosi degli apparati pubblici. Di questi anticorpi più se
ne immettono nel sistema e più la resistenza alla ramificazione metastatica
mafiosa è efficace e vincente.
Credo
che oramai si è preso coscienza che la
Mafia, o meglio, le Mafie, rappresentino un problema non solo di ordine
interno alla sovranità nazionale, ma anche di
sicurezza internazionale.
Il fenomeno
sociale ed economico della globalizzazione ha coinvolto anche le Mafie, che
oramai interloquiscono fra di loro e stipulano accordi criminali ed affaristici
al pari di qualsiasi altro soggetto privato o pubblico. La Mafia è un
modello agevolmente esportabile, una sorta di format da prendere a modello e riprodurre negli Territori più
disparati.
La
dimensione sempre più marcatamente transnazionale dei processi economici,
specialmente sul versante finanziario, rischia di mettere fuori gioco gli strumenti
giuridici tradizionali a base nazionale. Le più sofisticate forme di
criminalità organizzata si muovono in questo spazio astatuale accumulando
ingenti capitali, in una vasta rete opaca e sfuggente di alleanze. Per
questo immaginare e progettare un’Antimafia
a livello europeo può dare vita ad un percorso efficace di effettivo
contrasto al fenomeno della globalizzazione criminale di stampo mafioso.
Come suggerito dai tavoli tecnici di lavoro per gli Stati Generali Antimafia, due
possono essere le strade da seguire: il rafforzamento della cooperazione
del sequestro e della confisca dei beni mafiosi all’estero, unitamente al consolidamento
della cooperazione internazionale, rendendo capaci gli uffici giudiziari
italiani a compiere azioni oltre i confini nazionali.
Parallelamente
alla globalizzazione delle Mafie si deve procedere alla globalizzazione del dialogo
fra autorità giudiziarie e polizie.
Le Mafie
seguono i capitali e la mafia con la scoppola in testa è un antico retaggio che
può piacere ai cineasti, ma non corrisponde più alla realtà odierna: i
mafiosi sono diventati poliglotti ed esperti di regole della finanza e
dell’economia e gestiscono “affari” di ogni tipo. Mafia, infatti, vuole dire
commercio di droghe, ma anche tratta di esseri umani in concomitanza all’incremento
del fenomeno migratorio di massa.
Come
afferma il compianto sociologo Bauman, non si possono dare risposte locali a
problemi globali, vista la presenza di Mafie in molti Paesi europei ed
extra-europei.
La
diversità delle legislazioni penali fra i vari ordinamenti può rappresentare un
ostacolo alla cooperazione internazionale e, per tale ragione, è opportuno in
seno alla Comunità internazionale renderle maggiormente omogenee.
Non da
ultimo il sopraggiungere di “fuoriusciti” dalle “cosche” ha determinato, in
alcuni casi, un cambiamento “strutturale” delle associazioni mafiose, che,
talora, hanno assunto una fluidità ed una diffusività maggiormente difficoltosa
da controllare.
Come
la Mafia parla linguaggi criminali diversificati con variegate modalità
operative a seconda di dove opera, altrettanto deve essere multiforme l’azione
portata avanti dagli ordinamenti giuridici a livello nazionale, europeo ed
internazionale.
Nell’andare
alle conclusioni mi corre il dovere ricordare lo straordinario lavoro compiuto
dai giornalisti, anche a rischio della propria vita, nel raccontare verità
scomode: per questo voglio cogliere l’occasione per ringraziarli di vero cuore per
il preziosissimo lavoro di informazione e di denuncia.
La
magistratura e la polizia compiono un lavoro incessante di prevenzione e
contrasto e, credo, sia doveroso ricordare i tanti, troppi eroi fra magistrati
e forze di polizia che hanno dato la loro vita, o sono rimasti feriti, in
questa incessante battaglia contro – mi si consenta l’espressione – questo “Male
Assoluto” dei nostri tempi.
Fabrizio Giulimondi
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