“Sole Cuore Amore”, titolo tratto dal brano-tormentone
dell’estate 2001 di Valeria Rossi, è un film di particolare bellezza artistica,
estetica e contenutistica. La pellicola, nonostante la sua drammaticità, fa
vivere allo spettatore i momenti di vita familiari in modo sereno e, direi,
lieto. E’ un’opera sul coraggio di mettere su famiglia nonostante tutto. E’ un
film sull’amore gratuito, sull’ amicizia gratuita, sulla solidarietà vera e non
ideologica, sui sentimenti autentici. E’ un film centrato sulla forza eroica di
Eli (interpretata da una incommensurabile Isabella
Ragonese) che, per mantenere i quattro figli (con cui è sempre dolce e
disponibile) e il marito (il bravo attore Francesco
Montanari) - costretto a lavoretti estemporanei a dispetto della grande
voglia di lavorare -, fa avanti e indietro fra il litorale laziale e la zona sud
di Roma (due ore di tragitto per andare e due ore per tornare) per fare la
commessa (in nero e sottopagata) in un bar. Anche qui la “piccola eroina di
tutti i giorni” profonde sorrisi e positività, ossia umanità malgrado tutto, malgrado
il proprietario del locale (il sempre grande Francesco Acquaroli) sia un tarpano ripiegato sui soldi che passa
il tempo a contare ristretto nello spazio angusto della cassa. La vita di Eli
si interseca con quella di Valentina, una cara giovane amica ballerina
contemporanea (Eva Greco, cui non
mancano particolari doti espressive) con gravi problemi di rapporto con la
madre e che mal vive il proprio lesbismo.
La
fatica; la quotidianità sempre eguale a se stessa; la ripetitività di gesti e delle
movenze; i medesimi mezzi pubblici da prendere, tanti, affollati, troppi
chilometri da percorrere; il sonno sempre presente che tortura gli occhi di
Eli, la sveglia tutti i giorni alle 4.30 del mattino; il lavoro sette giorni su
sette con mezza giornata di riposo: la Ragonese
esprime mimicamente e corporeamente tutto questo. Eli è raro che si alteri ma
subito dopo si ferma, blocca il risalire e il fluire di sensazioni nefaste. Eli deve rimanere calma, deve sorridere, perché
l’amore per il marito, i figli, la famiglia, l’amica Valentina, la collega di
sfruttamento Malika (Chiara Scalise) prevale
su tutto. E’ un film che trasuda stanchezza, ma è una stanchezza tinta di sorrisi,
di sguardi incoraggianti, di “ce la
possiamo fare, questo momento è transitorio, passerà”.
Il
colore del film è il rosso e la sua sonorità quello di un sax melodico o jazz,
sino ai ritmi cardiaci di un clavicembalo distorto elettronicamente che diviene
musica tecno angustiante, presagio di tragedie. V’è una tecnica suggestiva
adoperata dal noto Regista Daniele
Vicari: la trama si fonde nelle immagini che compongono scene nelle quali lo
scuro della notte contrasta con il purpureo del giorno, purpureo che diviene sempre
più acceso per esplodere nei vestiti di scena delle danzatrici sul finire della
proiezione e, infine, sciogliersi in una colonna sonora che racconta essa
stessa di una vita che dovrebbe essere altro.
Film
che non può non essere visto.
Fabrizio Giulimondi
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