giovedì 31 maggio 2012

PROF. FABRIZIO GIULIMONDI: TECNICA LEGISLATIVA


                QUALCHE NOZIONE DI TECNICA LEGISLATIVA

La tecnica legislativa è un insieme di principi, metodi e puntuali prescrizioni per la formulazione formale e sostanziale degli atti normativi, la loro strutturazione interna e il loro inserimento nel quadro normativo generale di riferimento.
Il suo fine è quello della migliore redazione della norme sotto il profilo della chiarezza e della precisione, della sinteticità, non contraddittorietà, applicabilità e verificabilità.
Il prodotto del suo corretto utilizzo dovrebbe essere un insieme sistematico  di norme razionalmente funzionali agli obiettivi particolari del singolo provvedimento normativo.
L’attenzione verso la qualità della regolazione si è andata accentuando in questi ultimi quindi anni. Alla base di tale attenzione v’è la constatazione che la norma giuridica non è neutra, ma orientata alla migliore dislocazione di risorse materiali ed umane. Essa, quindi, è parametro di efficienza o di inefficienza del sistema economico, sociale, istituzionale e politico. Le regole non sono di per sé troppe o poche in termini assoluti. Sono troppe le regole cattive e, sono tali quelle che costituiscono onere ingiustificato per persone, famiglie  ed imprese, come quei rimedi che, nell’intento di curare un male, ne provocano di nuovi e  maggiori o comunque generano gravi effetti collaterali.
Nell’ordinamento italiano si è provveduto, anche su sollecitazione di organismi internazionali, ad introdurre uno strumento di valutazione degli effetti diretti ed indiretti delle regole sulle dinamiche della società (c.d. impatto normativo), a seguito della approvazione della  legge di semplificazione 8 marzo 1999, n. 50, della emanazione della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 marzo 2000, della  “Guida alla sperimentazione dell’analisi di impatto della regolamentazione (AIR)” del 16 gennaio 2001 e, infine, della  circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2 maggio 2001, n. 1 “Guida alla redazione dei testi normativi”.
Questi testi hanno sistematizzato, razionalizzato e fatto proprie le tre circolari di identico contenuto che,  nel 1986,  il Presidente della Camera dei Deputati, il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente del Consiglio hanno emanato di intesa fra di loro, tutte e tre tese a rendere più chiari e comprensibili gli atti legislativi.
Le prescrizioni di tecnica legislativa contenute in queste  circolari sono state  negli anni aggiornate e rivisitate, per essere poi  trasfuse in data 20 aprile 2001 in una “Lettera circolare sulle regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi”, congiuntamente adottata dai Presidenti delle Camere e del Consiglio dei Ministri.
La citata “Guida alla redazione dei testi normativi” del 2 maggio 2001 rappresenta  un importante passo avanti verso una aumentata sensibilità istituzionale  su una più comprensibile (e, quindi, più democratica)  raccolta, in forma più analitica, di regole e raccomandazioni in tema di redazione dei testi legislativi e, dall’altro, di criteri  riguardanti più specificatamente l’istruttoria normativa da parte del Governo nella stesura dei regolamenti, dei decreti legge e dei decreti legislativi.
Tale sforzo ha condotto a riassumere in unico contesto dettami formali e sostanziali: i primi, afferenti il linguaggio tecnico-giuridico e la ricerca di moduli omogenei di formulazione dei testi; i secondi, rivolti a richiamare l’esigenza di tenere conto, al momento della redazione dei testi, dei limiti propri delle fonti del diritto e della necessità di programmare la ripartizione fra queste in seno ad un determinata materia.
Scendendo un po’ più nel merito dell’argomento che ci siamo proposti di esaminare, passiamo ad  affrontare gli aspetti generali del provvedimento legislativo.
L’atto di normazione (legge dello Stato o regionale o delle province di Trento e Bolzano; decreto-legge e decreto legislativo; regolamenti governativi e regionali) disciplina materie omogenee.
La ripartizione dei singoli aspetti della materia all’interno dell’atto è operata assicurando uno sviluppo consequenziale e logico e, pertanto, assolutamente  razionale,  della trattazione di quanto  disciplinato  nel testo.
Questo è composto da articoli, da commi (che formano l’articolo e che possono essere uno o più a seconda della sua complessità,  caratterizzati dalla numerazione di tipo cardinale) e da lettere,  in cui questi ultimi possono essere  eventualmente suddivisi, lettere che, a loro volta, possono essere partite in numeri.
Ogni concetto normativo è formulato evitando qualsivoglia ambiguità di significato o di sintassi, dovendo sussistere contestualmente sia l’elemento della semplicità che quello della precisione.
Le disposizioni poste in deroga a una regola generale debbono  essere messe ben in evidenza, nonché esplicitamente richiamare la regola generale a cui fanno eccezione.
Inoltre, qualora l’atto legislativo contenga  una disciplina organica di una determinata materia, si raccomanda di fare sì che l’ordine della costruzione delle disposizioni in esso contenute  osservi la seguente “scaletta”:
a)    parte introduttiva, contenente “disposizioni generali”, ossia le finalità dell’atto e i principi generali in questo espressi, nonché il suo ambito di operatività, di tipo oggettivo e soggettivo, oltre  le definizioni dei termini più importanti e diffusi all’interno del testo;
b)    parte principale, relativa alle disposizioni procedurali e sostanziali circa la materia trattata; eventuali previsioni sanzionatorie; l’indicazione delle strutture pubbliche competenti alla esecuzione di quanto disposto;
c)    parte finale, concernente le disposizioni aventi ad oggetto l’ attuazione dell’atto, il coordinamento normativo, l’abrogazione delle norme previgenti incompatibili con il nuovo testo e, infine, gli aspetti di diritto  transitorio ed inter-temporale;
d)    parte integrativa, in relazione alla entrata in vigore dell’atto e alla  decorrenza o scadenza della efficacia delle singole disposizioni.
E’ opportuno puntualizzare che, quanto disposto in merito alla copertura finanziaria, sia contenuto in un unico articolo, il quale  è bene sia costituito da un numero limitato di commi, che a loro volta siano  organizzati  in pochi e semplici periodi e, se proprio necessario, in lettere a)b)c) e così via,  ricordando che l’indicazione dei commi aggiunti in un secondo momento da una normazione susseguente (al pari degli articoli) sono contrassegnati con la terminologia latina bis, ter, quater  a seguire:  comma 1 bis;  comma 1 ter, etc; oppure articolo 1 bis, articolo 1 ter, etc).
E’, altresì,  opportuno che ogni atto legislativo contenga una disposizione che indichi espressamente quelle  abrogate in quanto incompatibili con la nuova disciplina.
I termini attinti dal linguaggio giuridico o da un linguaggio tecnico devono essere impiegati in maniera appropriata, tenendo conto del significato loro assegnato dalle scienze o tecniche da cui provengono. Se un termine tecnico-giuridico ha un significato diverso da quello che lo stesso termine possiede nel linguaggio corrente, occorre esplicitare quale sia l’accezione adoperata per esso nel testo.
Se le parole utilizzate non siano di uso corrente, o non abbiano un significato giuridico già definito, oppure siano adoperate in modo difforme da quello corrente o da quello giuridico, è opportuno definirle prima, nello spazio riservato alla parte introduttiva, di cui abbiamo poc’anzi parlato.
Prima, prendendo in considerazione articoli, commi e lettere abbiamo esposto la partizione interna ai primi, che rappresentano la unità primaria, di base, del testo legislativo.
Sussiste in aggiunta una partizione di quest’ultimo di livello superiore all’articolo, che di snoda  nel seguente modo, seguendo la catalogazione  dalla parte più ampia a quella più di ristretta:
·        libro (partizione di quarto livello, comprendente uno o più parti);
·        parte (partizione di terzo livello, comprendente uno o più titoli);
·        titolo (partizione di secondo livello, comprendente  uno o più capi);
·        capo (partizione di primo livello comprendente una o più sezioni);
·        sezione, composta da uno o più articoli (come abbiamo in precedenza riportato, costituiti  da uno o più commi, a loro volta scomponibili in una o più lettere, che possono essere ancora suddivise in numeri).

La rubrica è il titolo (l’argomento) del libro, della parte, del titolo, del capo, della sezione e dell’articolo.

Una legge può essere abrogata, modificata o sostituita da una successiva, tramite lo strumento della novella, che si compone di due parti: la prima, introduttiva,  è denominata alinea e contiene il dispositivo volto a precisare il rapporto, di sostituzione o di integrazione, fra la norma previgente (ossia su cui si sta intervenendo e che viene specificamente indicata con tutte le coordinate di partizione sopra descritte) e, quella recata dalla novella (introdotta tramite una disposizione della legge successiva); la seconda consistente nella novella in senso stretto, vera e propria,  dispone la sostituzione o la modifica del vecchio testo con il nuovo, evidenziato tramite  le virgolette. L’alinea, ancora più chiaramente, deve indicare l’esatta collocazione del testo ove si inserisce la novella, precisando dopo quale  parola o comma o articolo la novella (il nuovo testo sostitutivo o modificativo-integrativo) si debba andare ad allocare (ad esempio: dopo il comma X dell’articolo Y della legge Z si deve aggiungere: ).
 In chiave visiva l’alinea termina con i due punti, mentre  la parte novellata è contenuta all’interno delle virgolette (proseguendo l’esempio appena presentato: (alinea) dopo il comma X dell’articolo Y della legge Z si deve aggiungere: (novella) “comma X bis dell’articolo Y della legge Z ………….”
Qualora  l’intervento modificativo, integrativo o sostitutivo sia particolarmente articolato e complesso, ovverosia riguardi un intero comma di un articolo del testo previgente, o addirittura più commi di uno stesso articolo, la novella si scompone  in uno o più capoversi,  a seconda se introduca uno o più nuovi commi o intervenga  in chiave modificativa-integrativa su uno o più commi: la novella, ad esempio, sarà formata da tre capoversi se riguarderà (introducendone di nuovi o modificandone o integrandone di previgenti) tre commi dell’articolo oggetto dell’interesse del Legislatore.
A tale proposito è opportuno precisare che l’unità minima del testo da sostituire con una novella è preferibilmente il “comma” nella sua interezza,  o un suo  periodo, o una sua lettera, o un numero contenuto in una sua lettera, anche quando si debba modificare, abrogare o sostituire una singola parola o un insieme di parole.
Per procedere con  maggiore semplicità alla operazione di modificazione- integrazione-sostituzione del testo previgente, si consiglia di far contenere sempre ogni norma recante una singola novella in un articolo a se stante della legge che apporta  l’innovazione, premurandosi che gli articoli novellatori rispettino l’ordine delle disposizioni su cui  incidono.
I riferimenti interni alla legge (ad un articolo, ad un comma, ad una lettera) esplicitamente si allacciano al  numero dell’articolo X,  o del comma X dell’articolo Y,  o della lettera X del comma Y dell’articolo Z dello stesso testo che si sta provvedendo a redigere, evitando così di adoperare espressioni come “precedente” o “successivo”, oppure  “della presente legge”, salvo l’utilizzo di quest’ultima sia reso necessario al fine di  ovviare a  confusioni interpretative.
I riferimenti esterni, invece, si sostanziano in collegamenti ad atti diversi da quello che opera il richiamo,  per mezzo della indicazione della  data (giorno, mese, anno) di promulgazione o emanazione della legge o atto ad esso equipollente (decreto legge o decreto legislativo), corredata dal relativo numero,  privo però del titolo.
Una parola sugli allegati ad un testo.
Tabelle, quadri, prospetti, elenchi e quant’altro v’è di similare non sono inseriti nel testo degli articoli, ma in allegato al testo legislativo, subito dopo l’ultimo articolo. All’inizio di ciascun allegato è citata la disposizione che nell’articolato  rinvia ad esso.
 Gli allegati non  possono contenere disposizioni sostanziali che trovano la loro  collocazione naturale solamente nel testo.
Come possiamo capire i principi di chiarezza, precisione, uniformità, semplicità ed economia, sottesi alle metodologie di tecnica redazionale dei provvedimenti legislativi, siano questi ultimi di natura primaria (leggi statali, regionali e provinciali di Trento e Bolzano e normative ad esse equipollenti, quali sono i decreti legge ed i decreti legislativi), o secondaria (regolamenti statali o regionali), “non sono espressione di ideali estetici o di modelli formali” – come proclama nel preambolo alla terza edizione del dicembre del 2007 il ‘Manuale regionale di tecnica legislativa’, elaborato dall’Osservatorio legislativo interregionale, recante “Regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi” – “ma sono strumenti per garantire la qualità della legislazione e con essa il fondamentale principio della certezza del diritto”.
 A tale proposito v’è obbligo di aggiungere che la “certezza del diritto” è il  precipitato logico – giuridico del principio di democraticità (art. 1 Cost), informatore primario del sistema costituzionale e ordinamentale italiano.
Una disposizione mal compresa dai destinatari, ossia dal Popolo che è
il vero Sovrano e che  esercita la Sovranità – in via mediata -  anche attraverso il Parlamento e il Governo, lede direttamente e platealmente  la democraticità del sistema, che si manifesta pure attraverso le norme di disciplina della vita della Comunità la quale, per contribuire correttamente e legittimamente alla vita dello Stato, deve necessariamente capire in tutti i suoi aspetti il contenuto delle disposizioni emanate dagli  Organi costituzionali,  che  operano – secondo il dettato costituzionale -  per conto e nell’interesse della Comunità medesima.
La incomprensione totale o parziale di un testo legislativo, essendo di ostacolo, anche grave, a tutto quanto sopra esposto, è un vulnus di non poco momento alla effettiva partecipazione democratica del cittadino, uti singulus e uti socius, a mente degli artt. 2 e 3, comma 2, della Carta Costituzionale.
Una preciso riferimento alla necessità della chiarezza formale della legge si ritrova nella sentenza 95/2007 della Corte Costituzionale, con la quale i giudici della Consulta hanno sottolineato che, il precetto contenuto nella disposizione deve essere formulato all’indicativo presente, ossia nel modo e nel tempo verbale atto ad esprimere il comando secondo il consueto linguaggio  legislativo.  L’ indicativo presente è, dunque, sicuro indice della prescrizione di un obbligo, assumendo un valore indubitabilmente imperativo.
Atteso che il principio di chiarezza non trova attuazione soltanto nell’uso appropriato dei termini linguistici, la Consulta ha evidenziato che una disposizione  è chiara quando, ad esempio, enuncia tramite  poche e semplici espressioni un concetto generale; indica senza incertezza i suoi destinatari; precisa gli organi preposti alla sua attuazione, configurandone bene le competenze; determina le conseguenze di natura penale, civile, amministrativo-contabile o disciplinare in caso di inosservanza di un ordine o di un divieto; chiarisce se un elenco di condizioni è tassativo o esemplificativo, ovvero se le stesse debbano essere intese cumulativamente o alternativamente.
Ancora:  la Corte Costituzionale con la decisione 303/2003 ha ribadito l’orientamento espresso con le sentenze 85/1999, 94/1995 e 384/1994, secondo il quale la certezza e la chiarezza sono un valore costituzionale e assumono  un aspetto rilevante nel giudizio di legittimità costituzionale di una normativa, dovendo essere incluse nella parte motiva della decisione anche  le valutazioni di ordine di tecnica legislativa.
In conclusione, tengo a riportare quanto  ha affermato il 16 dicembre 2004 il Presidente della Repubblica Ciampi nel messaggio di rinvio alle Camere della legge di delega in materia di ordinamento giudiziario: “Con l’occasione ritengo opportuno rilevare quanto l’analisi del testo sia resa difficile dal fatto che le disposizioni in esso contenute sono condensate in due soli articoli, il secondo dei quali consta di 49 commi ed occupa 38 delle 40 pagine di cui si compone il messaggio legislativo. A tale proposito, ritengo che questa possa essere la sede propria  per richiamare l’attenzione del Parlamento su un modo di legiferare- invalso da tempo – che non appare coerente con la ratio delle norme costituzionali che disciplinano il procedimento legislativo e, segnatamente, con l’articolo 72 della Costituzione, secondo cui ogni legge deve essere approvata “articolo per articolo e con votazione finale”.
Caliamo, conseguentemente,  un velo pietoso sulla  prassi oramai ricorrente e quasi consolidata nel tempo, specie in sede di approvazione della legge finanziaria (oggi denominata “legge di stabilità”), di approvare  un unico maxi emendamento -  includente  l’intera legge – formulato dal Governo, su cui  questi appone regolarmente la c.d. questione di fiducia.
                  Fabrizio Giulimondi

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