domenica 20 maggio 2012

TAGLIO SECCO ALLE “CAUSE DI SERVIZIO” NELLA P.A.




Economia Cristiana 
Una delle misure più radicali introdotte dal decreto “Salva Italia” (art. 6 d.l. 201/2011, conv. in l. 214/2011) consiste nella abrogazione secca degli istituti del riconoscimento della infermità da causa di servizio e,  del consequenziale rimborso delle spese di degenza, dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata.
Questi sono istituti di natura previdenziale di diretta emanazione del principio solidaristico di cui all’art. 38 della Costituzione, la cui ratio era quella di fornire un equo indennizzo a chi, a causa del servizio prestato, si fosse trovato menomato della propria integrità fisica. Essi sono nati e sono stati applicati nel  settore del pubblico impiego sin dal D.P.R. 3/1957, il cui art. 68 disponeva: “ per le infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio, è a carico dell’Amministrazione la spesa per la corresponsione di un equo indennizzo per la perdita della integrità fisica eventualmente subita dall’impiegato civile dello Stato”.
La Corte Costituzionale ha inserito tale istituto nel sistema previdenziale per le invalidità subite dai pubblici dipendenti (disciplina successivamente estesa al personale militare).
Analogamente è stato riconosciuto al dipendente pubblico il pagamento, a carico della Amministrazione di appartenenza, delle spese di cura, incluse quelle per il ricovero in istituti sanitari o di protesi, sempre qualora l’infermità fosse originata  da ragioni di servizio.
Il pagamento della indennità e delle cennate spese si fondava  sul rapporto di causalità fra la forma morbosa e l’attività lavorativa.
Il sistema è stato completato con il riconoscimento della pensione privilegiata al dipendente statale che, in ragione di infermità o lesioni dipendenti da fatti di servizio, fosse rimasto inabile al lavoro.
I procedimenti amministrativi instaurati in tale settore sono stati semplificati, aggiornati e razionalizzati dal D.P.R. 461/2001, mentre il D.P.R. 1124/1965 ha introdotto l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali solo per coloro che esercitano attività lavorative pericolose.
Due sono gli scopi che si sono voluti raggiungere con la cancellazione  di questi istituti: la riduzione della spesa pubblica e la eliminazione di un “privilegio” a favore dei lavoratori pubblici.
Una eccezione è rappresentata per il personale pubblico appartenente al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico, in forza  dei maggiori rischi in cui esso va incontro nello svolgimento della propria professione.
In conclusione, il legislatore è in netto contrasto con l’ottimismo  palesato  dalla Corte Costituzionale nel lontano 1984, quando, nella  decisione n. 191, chiosò: ” Certo è auspicabile che possa nel nostro ordinamento pervenirsi pure al ristoro di tale danno (ndr economico, in aggiunta a  quello alla integrità fisica), ma rientra nei poteri del legislatore di valutare se e quando esistono le condizioni che consentano di farvi luogo.”.
Non solo dopo trent’anni non sono sopravvenute  le condizioni per dare corpo a tale ampliamento, ma sono venute addirittura meno quelle per mantenere in vita gli emolumenti preesistenti.

Prof. Fabrizio Giulimondi

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