“Avete scommesso sulla rovina di questo Paese
e ci siete riusciti!”. Questa frase pronunziata da Carla Bernaschi, interpretata
da Valeria
Bruni Tedeschi, racchiude l’”anima”
dell’ultima fatica di Paolo Virzì “Il capitale umano”, liberamente tratto
dal libro Human Capital di Stephen Amidon.
Film
ruvido, ben lontano dalla leggerezza di Passione
Sinistra (recensito in questa stessa Rubrica), ambientato nelle località
del brianzolo (a differenza del romanzo il cui set è il Connecticut), “Il capitale umano” ha un montaggio
interessante, che struttura la trama in quattro capitoli.
La
storia raccontata è sempre la stessa, ma nei primi tre “episodi” la visuale
muta a seconda dalla prospettiva da cui viene osservata. I fatti sono i
medesimi, ma interagiscono e si intrecciano diversamente fra di loro. Non solo: l’approccio interiore
e psicologico cambia, di volta in volta, a
seconda di quale sia il personaggio che assume il ruolo di attore principale.
Il
capitolo finale espone ciò che è veramente accaduto.
La narrazione si snocciola in più avvenimenti che, al termine, confluiscono nello stesso finale, ossia in un incidente automobilistico che cagiona la
morte di una persona.
La determinazione
pecuniaria del “valore” del deceduto è tecnicamente qualificata dagli agenti
assicurativi “capitale umano”, ed è
introno a questo omicidio colposo che ruotano i rivoli illustrativi di ogni
singola individualità.
Accanto
ai grandi attori come Fabrizio
Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi
e Valeria Golino, si affiancano giovani leve già particolarmente talentuose, al pari di Serena Ossola, Luca Ambrosini e Guglielmo
Pinelli, che incarnano le tre vittime del sistema mentale e comportamentale responsabile dell'attuale sfascio economico,
finanziario e sociale. Tutti e tre sono rei di condotte ed
atteggiamenti errati, ma almeno puri nel
loro sbagliare, privi di malizia, colpevoli per generosità e amore, a dispetto delle
loro famiglie, condannabili e condannati tout
court, senza scampo, senza appello.
Fabrizio Giulimondi
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