venerdì 29 dicembre 2017

"NAPOLI VELATA" DI FERZAN OZPETEK




Napoli velata” è l’ultima opera cinematografica di Ferzan Ozpetek da un titolo affascinante non consentaneo alla narrazione cineastica.
Il film, dalle caratteristiche tinte purpuree proprie della produzione artistica di Ozpetek, immerse in ambientazioni raffinate che si alternano fra musei ed edifici del barocco e rococò napoletano e suggestivi vicoli partenopei, è costellato da ideazioni immaginifiche, presenze ectoplasmatiche, oggetti e immagini cariche di simbolismi e voluti richiami psicoanalitici (connotati peculiari propri del cinema del regista turco). A tratti noioso, altre volte confuso, la ripetitività delle tematiche rischia di far scappare lo sbadiglio; talora tronfio e pretenzioso, l’occhiuto Autore dietro la pellicola pare voglia costringere lo spettatore a comprendere  come la verità non sia quella che appare essendo essa stessa – come altri aspetti della vita –  velata, similmente ad una tormentata statua palesata al pubblico verso il calare della proiezione,  da uno strato di incomprensione, di nascosto, di non svelato, taciuto, non detto, negato. Soltanto un dono celato da tempi immemorabili in uno scrigno, costituito da un bulbo oculare, indica alla protagonista (Giovanna Mezzogiorno, brava attrice lontana dallo schermo da alcuni anni per essere diventata madre, impegnata, lei sempre pudica, in fastidiosi quanto brutali virtuosismi erotici) cosa le sia accaduto in un lontano passato.
La conclusione – oscura –  è aperta alle più variopinte interpretazioni.
D’altronde Ozpetek è come il caviale e le ostriche: anche se non piacciono debbono obbligatoriamente essere graditi.
Il cast di attori appartiene prevalentemente alla eccellenza campana -  le cui artefatte fisionomie edulcorano il bello esasperando aspetti prospettici   volgari e grotteschi -  e va da Alessandro Borghi a Anna Bonaiuto, Peppe Barra, Luisa Ranieri, Maria Pia Calzone, Isabella Ferrari, Lina Sastri.
Colpisce l’assenza del divieto della visione ai minori: evidentemente è conseguenza dell’epoca che stiamo vivendo in cui ai bambini è proibito pregare o fare il presepe nelle scuole pubbliche, ma certamente non mostrar  loro una possente quanto dolorosa penetrazione anale (mi auguro che siffatto sintagma sia compatibile con la neo-lingua)

Fabrizio Giulimondi


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