“La donna che cancellava i ricordi” di Brian Freeman (Piemme) è uno psico - thriller al cardiopalma.
Nightingale è un
brano cantato da Carole King.
Una
maschera inquietante ed orripilante.
Il
tempo mancante.
Una
psichiatra con un padre anaffettivo e sociopatico appena morto.
Un
detective fascinoso.
Donne
che muoiono dopo attacchi allucinatori.
Fobie.
Fobie. Fobie. Gatti, spilli, ponti…e poi il bianco, la leucofobia.
Che cosa
è la memoria? Che correlazione v’è fra ricordo e trauma? La nostra memoria richiama
alla mente fatti realmente accaduti? Come si forma la memoria? La nostra
storia, la nostra esistenza è fatta di ricordi realmente avvenuti o è una concatenazione
di menzogne, falsità, fantasie?
E se
si potesse manipolare la nostra memoria e ricordassimo una vita non nostra?
E poi
c’è l’Uccello della Notte e la voce in falsetto.
E le
chiamate e la pioggia battente.
Gli ingredienti
appartenenti al genere thriller nella sua versione più classica, sapientemente
combinati fra di loro e mescolati con spunti propri delle discipline
psicologiche e psichiatriche, scritti in maniera oliata, conducono il lettore a
immergersi spasmodicamente nel libro sino all’ultimo rigo.
Attenti
ai particolari. I particolari sono l’essenza. I particolari sono la narrazione.
I particolari sono il the end.
“Nei suoi occhi di rettile lesse esattamente
ciò che era: un predatore spietato e calcolatore”.
Fabrizio Giulimondi
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