"L’altro volto della speranza” di Aki Kaurismäki è un film ben costruito ma mal recitato,
specie nella impacciata gestualità degli attori durante le scene di aggressioni.
La pellicola fa ben comprendere allo spettatore che in tema di immigrazione “tutto
il mondo è paese” e anche la civile, accogliente e tollerante Finlandia ha
problemi relazionali con gli immigrati, vittime, come il protagonista siriano,
di terribili guerre. Molto bella la frase pronunziata dal protagonista Khaled: “Non
so se la bomba che ha cancellato la mia casa fosse russa, americana, dei
ribelli, di Assad o dell’Isis, so solo che la mia famiglia che pranzava sotto
quel tetto ora non c’è più”.
Nonostante
il tono algido proprio del cinema scandinavo, il finnico co-protagonista, il
ristoratore Wikström, manifesta un tocco di simpatica, ironica e umana
comprensione e affettuosa amicizia nei confronti del cameriere siriano e degli
altri suoi inservienti, tutti un po’ surreali e fuori le righe.
Fabrizio Giulimondi
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