martedì 4 dicembre 2012

"ACCIAIO": IL ROMANZO-IL FILM


Acciaio è un film del 2012 diretto da Stefano Mordini 
Acciaio 
Acciaio” di Silvia Avallone (Rizzoli) è il romanzo Posizionatosi  secondo alla edizione 2010 del premio Strega,  dopo un lungo testa a testa con “Canale Mussolini” di Antonio Pennacchi, da cui è stato tratto l’omonimo film di Stefano Mordini.
La versione cinematografica è deludente, forse perché, come dice Niccolò Ammaniti, ogni lettore se ne  costruisce una e, quando va a vedere quella girata da un altro, non assomigliando generalmente  alla propria, ne esce molto critico: la trama, i dialoghi e la stessa ambientazione sono rispettati solo in parte; il tratteggio caratteriale, psicologico e, persino, fisico dei personaggi non corrisponde affatto – o, comunque,  molto poco – a quelli descritti nella fatica letteraria della Avallone.
Il libro, invece, risulta  intrigante, probabilmente in parte autobiografico, anche se non ne condivido alcune basi “ideologiche”.
A.D. 2001. Circola ancora la lira come valuta italiana. Città di Piombino. Dinanzi v’è la tanto desiderata -  dai protagonisti della storia -  ma irraggiungibile Isola d’Elba. Piombino è sede di una leviatanica acciaieria , un monstrum che,  con il suo acciaio, il suo carbone, il suo ferro, la sua ghisa e il caldo insopportabile del suo altoforno,  fornisce lavoro a migliaia di piombinesi, ingoiandone anche la mente e  il cuore.
Nei casermoni anonimi di quartieri senza anima voluti dalle sempiterne giunte rosse vivono due  ragazze quattordicenni. Anna, bruna, riccia, ha un padre, Arturo, che di professione fa il truffatore e scompare per lunghi periodi dalla  vista dei familiari;  la madre, Sandra, il vero caposaldo (ma non troppo) della famiglia, donna capace, attivista appassionata di rifondazione comunista, predica di diritti e solidarietà, ma quando la solidarietà deve praticarla il coraggio viene a mancare. Anna ha anche un fratello, Alessio, operaio della Lucchini (nella pellicola raffigurato come un bravo ragazzo che funge, in assenza del padre, da perfetto capofamiglia),  il bono della compagnia, passa da una ragazza ad un'altra, ma in realtà non ha mai dimenticato il suo vero amore Elena, che se la ritroverà dopo anni ai vertici della fabbrica.
Anna vive al quarto piano del palazzone grigio di via Stalingrado, mentre al terzo abita la bella e bionda Francesca, anche lei quattordicenne, amica sin dall’infanzia di Anna, molto amica di lei: Francesca è innamorata di Anna!
Francesca ha un padre, anche egli operaio presso l’acciaieria, bravo con le mani non solo nel suo lavoro ripetitivo alla catena di montaggio, ma anche a picchiare violentemente la figlia, fino a romperle il naso, fino a riempirle tutto il corpo di lividi, fino a lasciarla esanime per terra:  Enrico non vuole che la figlia diventi una puttanella e, quindi, la annienta nel corpo e nello spirito.
La madre di Anna, Rosa, nativa di un piccolo paese calabrese, non ha mai conosciuto un attimo di gioia e, come ci raccontano le cronache, come tante donne in simili condizioni, non vede e non sente e, nonostante lo pensi, non denuncerà mai il marito. Il marito passerà sì i guai ma per giustizia divina.
Anna e Francesca sono affogate nel “nulla” di una Piombino che è la sua acciaieria e il suo altoforno, dove niente si fa, a parte scopare e farsi le canne e, chi se lo può permettere, pippare cocaina.
 Ad Anna, come è naturale, piacciono i ragazzi, ma altrettanto innaturalmente, si “fidanzerà” (con immediati annessi e connessi) con Mattia, di 21/22 anni (lei ha quattordici anni). Mattia (inevitabilmente operaio), con un passato travagliato, fa parte del gruppetto di amici di Alessio, fra cui spicca per dabbenaggine Cristiano (ovviamente operaio) -  padre inesistente di un figlio (James), avuto dalla quindicenne Jennifer (perché quando si scopa qualche volta il pargoletto ci scappa!) -  che  continua con l’amico Alessio a cazzeggiare  e ad assumere coca.
Anna ha progetti alti, nobili,  Francesca solo di essere amata da Anna  e che il padre muoia. La presenza di Mattia nella vita di Anna   porterà alla rottura del rapporto fra le due, rottura che porterà conseguenze devastanti nelle scelte esistenziali  di Francesca.
Interessanti anche le figure minori del racconto: Lisa, la sfigata, brufolosa e sovrappeso, che avrà il suo momento  di gloria divenendo amica di Francesca al posto di  Anna;  Donata,  sorella di Lisa, sulla sedia a rotelle per una grave invalidità, schivata e schifata da tutti e di cui la stessa sorella si vergogna, eticamente superiore agli altri; Nino, innamorato perdutamente di Francesca e Massi, con cui Anna ha fatto le prime pomiciate;  la cerchia di ragazzine, Sonia e co, il cui unico obiettivo e andare a letto con il più figo di Piombino, il resto è il buio.
L’ ”amicizia” fra Anna e Francesca è qualche cosa di forte e, nonostante il finale tragicamente bello, tingerà di una qualche, anomala, speranza l’epilogo della storia, mentre l’isola d’Elba si avvicinerà al loro orizzonte.
Fabrizio Giulimondi

2 commenti:

  1. Dopo aver letto questa recensione non credo andrò a vedere il film, perché la storia e lo stile dell'opera di Silvia Avallone mi ha creato emozioni forti anche se l'atmosfera "sfigati è bello" che pervade un po' tutta la la trama, qualche volta mi ha dato ai nervi.
    Purtuttavia esistono i Casermoni, che tutti i governi hanno sempre voluti tali, esistono vite senza via d'uscita in quei casermoni perché per uscire ci deve essere una via che in quei ghetti spesso non c'è o non viene riconosciuta perché il ghetto rende ottuse anche le menti promettenti e lo squallore è spesso più nocivo della miseria. Questo concetto trasversale mi è piaciuto in "Acciaio" e se il film l'ha stravolto, non mi interessa vederlo.

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