martedì 18 dicembre 2012

"LE LUCI NELLE CASE DEGLI ALTRI" DI CHIARA GAMBERALE



Le luci nelle case degli altri
Vidi sulla metro di Roma una signora leggere “Le luci nelle case degli altri”, di Chiara Gamberale (ed. Mondadori numeri primi), alla quale la trama stava piacendo parecchio. Incuriosito anche dal battage pubblicitario che v’era stato intorno al libro, me lo sono comperato e letto.
Mandorla è una ragazzina che a sei anni perde la madre, Maria  – donna particolarmente “frizzante” -  in un incedente automobilistico. Il condominio di via Grotta Perfetta 315 di Roma -  presso il quale la defunta esercitava le mansioni di amministratrice,  molto amata, ma anche  molto odiata -   “adotta” la bambina: giuridicamente il soggetto adottante è Tina Polidori, la classica zitella, ma in realtà ognuno degli abitanti degli altri quattro appartamenti, a turno, fungono da madri e padri: famiglie con figli (qualcuno non proprio riuscito bene), coppie di fatto eterosessuali e unioni omosessuali.
Il tempo trascorre con una narrazione senza particolari brividi, sino ad arrivate al giorno di compleanno per i 18 anni di Mandorla, che trascorrerà  in carcere a causa di un amore sbagliato con Palomo, ragazzo che sin dall’inizio della sua esistenza nel romanzo si è dimostrato un poco di buono.
L’unico colpo di scena  è nel prologo (a parte il finale), a seguito della  scoperta di una lettera che Maria aveva scritto alla figlia, per mezzo della  quale le rilevava che il padre era un uomo con cui  si era intrattenuta fugacemente nell’ex lavatoio (ambiente - ove si svolgono le riunioni condominiali -  che si dimostrerà importante nel racconto). Mandorla, ovviamente, vuole sapere chi sia il genitore, ma nessuno dei condomini-adottanti ha l’intenzione di sottoporsi al test del DNA. In realtà neanche lei lo desidera veramente!
La storia si snoda lungo la narrazione in prima persona di Mandorla che riporta il dietro le quinte di tutti i residenti dei cinque piani dello stabile di via Grotta Perfetta 315, nonché dei vari personaggi con cui si imbatte nei suoi 12 anni di vita scrutati della Gamberale. Fra di essi v’è anche Porcomondo, il cattivo, l’uomo nero, che fino alla fine non capirete  se sia un persona in carne ed ossa, oppure il frutto degli incubi notturni e delle paure diurne di Mandorla.
Interessante è l’uso che fa della grafia l’Autrice, grafia che cambia, tramutandosi in corsivo o variando i tipi di carattere,  a seconda che il lettore abbia a che fare con un ricordo, un fatto  attuale, una missiva o un dialogo diretto.
Altra peculiarità è la distribuzione fra le pagine di poesiole, filastrocche e cantilene fanciullesche con cui la protagonista esprime il proprio stato d’animo nel corso degli anni.
La trama, che alla signora della metro era piaciuta tanto, scorre placida come un fiume carsico che  percorre lentamente il  suo letto sino ad un lago, con un arguta e inaspettata virata virulenta nelle ultime due pagine, conducendo  l’acqua verso un mare in tempesta:  un vero fulmine a ciel sereno che non può non scuotere il lettore, a cui consiglio di non iniziare la lettura  dall’epilogo.

Fabrizio Giulimondi

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