“Semina il vento”, di Alessandro
Perissinotto (Piemme), romanzo fra i finalisti del premio Bancarella 2012,
vinto da Marcello Simoni con “Il mercante
di libri maledetti” (recensito in questa rubrica), è talmente avvincente che non smetterete di
leggerlo finché non sarete giunti all’ultima riga…. e che ultima riga!
La docenza universitaria in letteratura a Torino di Perissinotto
è messa in luce per tutto lo sviluppo narrativo, sia per l’agilità e la
freschezza della scrittura che rende scorrevolissima la lettura del libro, sia
per le dotte ed interessanti spiegazioni, sotto l’aspetto etimologico e
semantico, di alcune espressioni di origine francese (la parola medusee, adoperata a pag. 219, intesa
come “impietrito”, fornisce il destro per una breve dissertazione infarcita delle
sfumature di significato che implicano la sua traduzione in italiano) e
dialettale di Molini, in Provincia di
Torino, ove si svolge la parte più corposa della storia.
Giacomo è in prigione e il racconto prende la forma del memoriale che,
su richiesta dell’avvocato, egli scrive per dimostrare alla Autorità Giudiziaria la sua innocenza.
Invero, il documento non assumerà il ruolo di strumento defensionale per
Giacomo, ma rappresenterà l’occasione per parlare minuziosamente, dettagliatamente,
scrupolosamente della sua storia d’amore con Shirin, ragazza iraniana
conosciuta a Parigi, laica, disinibita, colta, appartenente alla buona borghesia persiana e poi francese; del
suo profondo legame coniugale con lei; della decisione di entrambi di andare a vivere nella casa
natia di lui a Molini, per godere della bellezza dei piccoli centri e delle loro radicate tradizioni;
della iniziale cordiale accoglienza e delle prime avvisaglie di fastidio da parte della comunità
locale nei confronti Shirin.
La narrazione a questo punto procede celermente, travolgendo il lettore nella follia islamica, nel chador, nell’hijab e nella
tragedia.
Ovviamente la critica seguace del politically correct ha dato addosso alla sparuta comunità di
Molini, parteggiando per il maestro (personaggio, insieme alla consorte,
indubbiamente affascinante che, come tutte le
grandi figure dei romanzi, suscitano contrasti marcati, cha vanno, senza
troppe sfumature e gradazioni, dall’amore all’odio), il quale - credo - possieda
alcuni elementi biografici e autobiografici dell’Autore.
Io, invece, eccettuati alcuni eccessi, sono dalla parte della gente di
quella piccola località del torinese, sia per la distanza con alcune concezioni
atee e laiciste di Perissinotto, sia in ragione della giustezza della lotta di certe realtà
umane per la conservazione – e il rispetto da parte degli “ospiti” - della propria
tradizione, dei propri costumi, della
propria cultura e del proprio patrimonio
spirituale e religioso cattolico.
“Semina il vento”
richiama l’adagio chi semina vento raccoglie
tempesta e, il titolo con
forza anticipa la piega drammatica che prenderà il romanzo da un determinato
momento in poi, quando i due estremisti,
l’uno leghista, l’altro islamista, configgeranno e determineranno il dramma per i due protagonisti e la comunità
intera.
Fabrizio
Giulimondi.
Nessun commento:
Posta un commento