Ho letto il terzo libro di Daria Bignardi “Non vi
lascerò orfani” (Mondadori), in realtà la sua opera prima (cui sono
succeduti in ordine di tempo Un karma
pesante e Una acustica perfetta - il mio preferito - , entrambi
in commento in questa stessa rubrica),
destinataria di ben tre premi letterari: Rapallo Carige, Elsa Morante e Librai
Città di Padova .
Il titolo “Non vi lascerò orfani”
è tratto dal Vangelo di Giovanni ed è il nostalgico e commosso ricordo della
famiglia della Bignardi, a partire dai bisnonni. Il racconto si concentra sulle
figure del padre e, specialmente, della
madre, morta nelle settimane antecedenti alla scrittura e la pubblicazione, nel
2009, del libro.
In verità la storia parla diffusamente della madre, con numerose,
toccanti e, talora, vibranti pagine sul suo carattere, la sua personalità,
sull’amore profondo della Bignardi per lei, sul legame intenso che univa figlia e mamma, nonostante quest’ultima
fosse “imprigionata nel suo sistema di ansie, paure, sensi di colpa e strade
tracciate”.
Lo scritto trasuda di senso della famiglia, un antico, splendidamente
tradizionale, senso della famiglia che l’Autrice esprime e vuole trasmettere ai
due figli (Ludovica e Emilia), ai nipoti che verranno e, per il loro tramite, ai lettori. Qui l’immagine
lievemente aristocratica e gauche
della Bignardi televisiva cede il passo ad una figlia tenera, apprensiva,
familista, tesa a non far preoccupare mai la madre, assecondandone le sue mille
piccole e grandi manie e sempiterne preoccupazioni.
La morte è un’altra presenza costante del lavoro, ma non crea angoscia e
tristezza, ma è il collante dell’
insieme di scene di vita quotidiana, di affetti nascosti, saldi, veri, di immagini di una famiglia della Romagna,
unita, stretta nella propria terra,
nella propria casa, nelle proprie
vacanze sempre nei stessi periodi dell’anno, negli stessi luoghi di
mare, mangiando quelle gustose pietanze, bevendo quel buon vino, in quei
ristoranti: la Scrittrice
desidererebbe che lo stesso facessero il suo Ludovico e le sua Emilia, che
anche loro conoscessero il calore di una famiglia normale, i suoi vincoli, la sua unità.
Leggendo questo romanzo, introspettivo ed intimista, riuscirete a raffigurarVi davanti agli occhi quelle tavolate dove padri, madri, figli, cugini,
zii, nonni e nipoti si radunano, e dove i sentimenti parentali ancora sono
solidi e vivono di un tepore che la
Bignardi mirabilmente fa vivere e rivivere.
Fabrizio Giulimondi
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