“La galleria 4 del
Maxxi (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo) nella Capitale (via Guido
Reni, 4) ospita la retrospettiva “Stigmata” dedicata a Jan Fabre (Anversa, 1958), dal 16
ottobre 2013 al 16 febbraio 2014 .
Artista visivo e di
performance, sceneggiatore e autore
teatrale, Fabre è noto nel panorama internazionale per la sua opera innovativa e versatile.
Nella mostra curata da Germano Celant,
disegni, fotografie, modelli di studio (“thinking
models”) e filmati ricostruiscono la sua produzione artistica dalla seconda
metà degli anni settanta ad oggi.
Affascinato dal
corpo umano Fabre scopre la performance anche attraverso le pitture dei Maestri fiamminghi.
Considera la
pratica della performance come una
“per-for-azione” del corpo per esplorare le possibilità e i limiti. Fabre inizia, così, a usare il proprio
corpo come strumento di un percorso artistico che lo porterà a disegnare con il
suo sangue già nel 1978.
Nel corso della sua
attività performativa l’Artista mette in atto una serie di azioni sperimentali
e irriverenti: brucia soldi veri; ricopre ossessivamente con l’inchiostro blu di una penna biro tutte
le superfici di una galleria d’arte, inventando la
Bic Art ; invita critici
d’arte e giornalisti a sparargli addosso consegnando loro alcune pistole, di
cui una realmente armata con una pallottola; realizza performance che durano ore e giorni con altri artisti, filosofi e
scienziati, tanto da scappare dal museo Louvre di Parigi al grido di: ” Il Louvre è la più bella prigione di
Francia!”.
Jan Fabre è’
riconosciuto nello scenario europeo e di oltreoceano come un “servitore della bellezza” che
persegue con successo una ricerca
originale in differenti campi comunicativi
ed espressivi.”.
Utilizzando adesso parole di verità, l’artefice di quanto esposto al Maxxi è un grave
disturbato mentale e assuntore (almeno nel passato) di sostanze stupefacenti, qualificato
da alcuni operatori del settore – sfregiandone il profondo significato – “Artista”,
definendo parimenti “Arte” le perversioni e il lerciume da Fabre rappresentati
in un contesto disgustosamente da incubo.
Fabrizio Giulimondi
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