“Qualcosa di malvagio abitava in quelle
stanze e, negli anni, aveva preso il posto di tutte le speranze e i palpiti d’amore.
Una specie di entità acquattata nel silenzio, che si nutriva di rancore per non
essere stata creduta.”.
Donato Carrisi dà
una ennesima grandissima prova di sé con “La
casa senza ricordi” (Longanesi).
Ogni
romanzo di Carrisi è un passo in
avanti verso la vetta dell’Olimpo degli autori del genere psicologico e
thriller.
“La casa senza ricordi” è puro psico-crime, sguardo onirico,
labirintico, claustrofobico, allucinatorio sugli anfratti reconditi dell’oscurità
umana.
La
figura dell’Affabulatore riprende il romanzo di apertura dello scrittore
pugliese “Il Suggeritore”, ripercorrendo le trame misteriche de “L’ipotesi del
male”. Al centro della scena di una Firenze in penombra v’è l’ipnosi ed un suo
uso manipolatorio che collega ventidue anni di tragedie inascoltate: “Nessuno è disposto a credere alle storie dei
bambini”.
Il
lettore rimane avvinghiato in uno stato ipnotico al racconto, deve capire, deve
sapere, ciò che appare non è ciò che è, ciò che è non è ciò che appare. Mente,
conscio e subconscio si inseguono, si combattono, l’uno cerca di sopraffare l’altro,
in una eterna lotta senza vinti né vincitori.
Habemus Malleum Animi. Oblivio.
La licantropia come patologia psichiatrica. Psiche e corporeità in perenne e
insoluto contrasto.
La
letteratura di Donato Carrisi tagliuzza
l’uomo con il bisturi e ne studia la fuga nelle catacombe da lui stesso costruite
e poi nascoste a se stesso. “La casa dei
ricordi” proietta la disattenzione per la parola dei bambini verso il
grande telo della tragedia che si fa grido silenzioso. Ciò che sembra malvagio non
è tale, perché, in realtà, non è altro che l’urlo di Munch del fanciullo che per
mezzo dell’“Addormentatore di bambini” far sapere all’esterno che cosa sia
accaduto in passato… e cosa stia continuando ad accadere.
“Non dovrai parlare a nessuno di me.
Ascolterai ciò che ho da dire fino in fondo. Non dovrai cercarmi là fuori.”.
Fabrizio Giulimondi
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