Emanuele Trevi, dopo aver più volte sfiorato il Premio Strega, l'8 luglio di quest'anno lo ha raggiunto con "Due vite" (Neri Pozza).
Due esistenze, due scrittori non frutto di immaginazione ma vissuti veramente e morti tragicamente giovani, Rocco Carbone e Pia Piera.
Il fascino dello scrivere che avvolge il lettore e lo travolge con inarrestabili emozioni. Descrizioni di Roma e del suo centro così vivide, così reali, quasi a sentirne i suoni e vederne le immagini pittoriche, pittoriche come le scene raffigurate dove non sono le azioni a dominare ma gli stati d'animo. La parola si fa architettura, storia e scultura. Gli affetti scorrono lungo la narrazione scuotendo con un leggero tremolio la sua superficie, come percorsa da una soffusa scossa elettrica. Fra una pagina e la scrittura v'è lo stesso rapporto che sussiste fra un terreno e la sua coltivazione, tanto che Čechov era indeciso se essere uno scrittore o un giardiniere.
La letteratura russa, rimembranza ancestrale, misterica e sentimentale, si perde in uno struggente amarcord.
"Due vite" è un cofanetto pieno di gemme preziose che il lettore sfoglia e, nello scoprirle, se ne riempie lo sguardo.
"Le vere rivoluzioni sono trasformazioni: di ciò che già sappiamo, di ciò che abbiamo sempre avuto sotto gli occhi. Perché è vero solo ciò che ci appartiene, ciò da cui veniamo fuori.".
Fabrizio Giulimondi
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