La
letteratura vera, possente, densa, emozionale e emozionante non necessita di
perdersi in voluminosi libri, ma può dimorare in spazi fatti di poche decine di
pagine.
La bellezza
artistica è espressa da linguaggio, anima, mente e sangue condensati nella
vibrazione di una unica corda emotiva.
È
dentro questi confini immaginifici e stilistici che si colloca la nuova
splendida opera del friulano Paolo
Maurensig “Il quartetto Razumovsky”
(Einaudi). Leggerla vuole significare
assumere una nuova visione dell’esistenza, guardando la propria da un angolo
prospettico sino ad allora sconosciuto.
La
musica armoniosa di violini e viole cozza con la realtà umana degli autori,
quella musica così antica, austera, melodiosa e sognate contrasta con la
brutalità sanguinaria dei loro esecutori: sono mani che hanno torturato che
pizzicano le corde del violino, muovono abilmente l’archetto.
Beethoven,
omosessualità, arte e nazismo in una miscela narrativa esplosiva.
“Chi non è musicista, chi non ha mai suonato
in gruppo, non potrà mai capire il legame che si crea nel momento dell’esecuzione
di un brano, neppure in una pièce teatrale si ottiene quel grado di intesa che
si raggiunge in un dialogo strumentale. Le nostre personalità sembrano fondersi
in una sola. Tutto ciò che esiste attorno a noi si cancella, e ci troviamo in
una dimensione in cui la realtà cambia nella forma e nel significato.”.
Leggerete
pentagrammi in forma di pagine che raccontano storie narrate con un intenso fraseggio
musicale ove irromperà il suono acuto di un violino, acuto come l’urlo di
dolore di un uomo straziato. La bestiale inumanità dell’uomo convivrà nell’animo
nobile di un musicista, componente di un quartetto chiamato “Razumovsky”
“Il passato sta franando dietro di me, vivo
nel presente: ogni giorno è il primo giorno. Non c’è più né ieri né domani. Senza
un passato non si può immaginare il futuro.”.
Fabrizio Giulimondi
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