Un Donato
Carrisi in splendida forma è tornato nelle librerie con “L’educazione
delle farfalle” (Longanesi). Romanzo bellissimo ed avvincente, “L’educazione
delle farfalle”, con una narrazione didascalica, sviluppa una storia con
tinte thriller ma spire psicoanalitiche, che trascinano il lettore dentro le
conseguenze tragiche della perdita di un figlio e l’elaborazione del lutto (sembra di leggere alcune pagine dell’opera
scientifica di Antonio Onofri); entro la formazione della memoria e la sua
manipolazione e deformazione; all’interno dei legami ancestrali fra genitori e figli e di
come un trauma possa riverberarsi anche
a distanza di anni nelle relazioni umane; nel misterioso sviluppo psichico di una
donna che avrebbe voluto abortire e diviene una madre che non accetta di subire la menzogna
dell’apparenza.
Un
romanzo valoriale, catartico e liberatorio, ambientato, come spesso accade nei
libri di Carrisi, in una piccola cittadina di montagna in presenza di
comunità religiose fortemente identitarie, dove la realtà non è mai tale.
Prestare
attenzione ai particolari, ad una porta accostata, ad una finestra aperta: è un
caso? È voluto? È stato fatto apposta per evocare altro?
La
Festa delle Fate Farfalle.
Un
battito d’ali di farfalla che, come dice il matematico e meteorologo Edward
Lorenz, può creare una catastrofe in un’altra parte del pianeta.
La morte
di un figlio come un male incurabile che, invece di ucciderti, ti costringe a
vivere.
Ciò
che ci lega gli uni agli altri sono i segreti.
Gli uomini
non sono mai un unicum, ma appartengono al multiverso, ad universi paralleli
dove vivono esistenze anche opposte le une dalle altre.
Ognuno
è allo stesso tempo dott. Jekyll e Mr. Hyde.
Ognuno
è lo gnomo buono ed il fratello cattivo de “Il magico villaggio di Noiv”: ma
Noiv non è il bifronte di Vion, la località nella quale si svolge il racconto?
Le
parole sono importanti, hanno un peso, una loro fisicità, nella vita, come
nella morte: il nome Aurora può essere confuso con Aurélie!
L’educazione
delle farfalle” vi inchioderà alla sedia. Non potrete
smettere di leggerlo finché il finale nel sopraggiungere vi impedirà di
smettere di pensare a quanto avete appena vissuto.
Fabrizio Giulimondi
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