Vincitore
del Premio Bancarella edizione 2024 “Il
cognome delle donne” (Feltrinelli)
di Aurora Tamigio è un bel romanzo
che parte in maniera elefantiaca e disorientante per sviluppare nel corso d’opera
in modo maggiormente incisivo, convincente, coinvolgente ed emozionale.
Ideologicamente orientato, dove gli uomini sono prevalentemente mascalzoni,
violenti e stupratori, “Il cognome delle
donne” sviluppa letterariamente il film di grande successo di Paola
Cortellesi “C’è ancora domani”. Ricordando nello stile narrativo la quadrilogia
“L’amica geniale” di Elena Ferrante, la Tamigio
ripercorre la storia di una famiglia, da nonna Rosa alla figlia Selma sino alle
tre nipoti Patrizia, Lavinia e Marinella, anche attraverso il richiamo ad eventi
storici, politici, sportivi e di costume, alle stragi di mafia e agli attentati
terroristici, dal fascismo ai giorni nostri.
La
pigmentazione linguistica sicula si fonde con l’idioma italico dando una
impronta di ragguardevole musicalità, una sorta di arpeggio idiomatico-sinfonico
in cui le sonorità vanno a braccetto con la prosa neo realista, altalenandosi
le storie fra letteratura, musica, cinematografia neo-realista de sicana e le
interpretazioni di grandi stelle al pari di Virna Lisi. La sicilianità
palermitana non solo costituisce l’ambientazione del romanzo ma anche il luogo
sinergico fra diverse forme di arti nel loro progredire e mutare nel corso dei
lustri.
La
violenza, i soprusi e gli abusi percorrono lo sviluppo narrativo come la
corrente elettrica il filo della luce. Ciò che prevale, però, è la
determinazione nell’amore, nell’unione e nel ricordo.
L’amore
oltrepassa la coltre del tempo e rende indistinguibile il confine fra il mondo
dei vivi e quello dei morti che vivono ancora, ma da un’altra parte, invero non
così distante da quella dei vivi.
“Il cognome delle donne” è un lungo
dialogo fra il visibile e l’invisibile, fra chi è ancora e chi è già andato,
fra Rosa e suo marito Sebastiano Quaranta, fra Selma e le figlie Patrizia,
Lavinia e Marinella, ragazze nascoste nelle pieghe del tempo, legate da un
vincolo di amore eterno e verace, autentico e aspro.
Questo
romanzo è “come prima di un temporale,
quando il vento è elettrico e le veneziane sbattono un colpo dopo l’altro sul
davanzale delle finestre”.
Chi
legge partecipa della morte di Selma grazie a pagine memorabili fra corporeità
e incorporeità. La tragicità di questo come di altri eventi si avverte
materiale, percepita dai sensi umani. I sentimenti, le emozioni, i tratti
salienti delle personalità delle donne e degli uomini che scorrono innanzi agli
occhi del lettore sono “con-vissuti” dal lettore: lo sdegno, l’orgoglio,
l’alterigia, la dignità, la risolutezza, la costumanza, la piccineria non sono
espressioni impalpabili dell’animo ma appartenenti al reale, dimensioni dense avvisate
dal corpo prima che dallo spirito.
Lo
sdegno, l’orgoglio, l’alterigia, la dignità, la risolutezza, la costumanza si
inverano e vivono non solo nella fisicità delle famiglie Maraviglia, Incammisa
e Passalacqua, ma anche nell’intimità del lettore, che spesso la rifugge.
Fabrizio Giulimondi
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