venerdì 11 dicembre 2015

"DEREK DOLPHYN E IL VARCO INCANTATO" DI CHRISTIAN CAPRIELLO

Il genere fantasy dai suoi primordi ai giorni d’oggi pareva aver spremuto se stesso sino all’ultima goccia sia in sede letteraria che cinematografica.
Invero, per poter parlare compiutamente di questo genere letterario, non si può non approcciare Derek Dolphyn “Derek Dolphyn e il Varco Incantato (Tullio Pironti editore) di Christian Capriello,  primo di cinque volumi di una saga che farà parlare molto di sé.
Il titolo fa repentinamente comprendere al passante che getta un’occhiata alla vetrina di una libreria la natura del racconto e, seppur del tutto difforme nel tratto di penna e nel contenuto, la  titolazione richiama repentinamente alla mente i lavori di Licia Troisi.
Dialoghi continui, intensi, incisivi, serrati, talune volte quasi goldoniani, visivamente posti in risalto anche dai differenti stili, tipi e dimensione dei caratteri, talora coralmente avvincenti come liriche  greche.
Suggestive le interpolazioni che punteggiano la storia fatte di filastrocche, cantilene, fanciullesche poesiole, che si cadenzano in modo tale da sembrare di udire la voce infantile o roca di chi le recita: ”Quando si fece più vicino, sempre più ciondolante, Josh capì che il vecchio canticchiava, anzi gracchiava una canzone, scandendone minuziosamente ogni singola sillaba. Quel motivo assumeva via via sempre maggiore musicalità: si percepiva inoltre che essa, pur suonando come vagamente funesta, aveva un obiettivo molto chiaro: conteneva un messaggio.”.
Capriello è abilissimo nell’uso sonoro delle parole, riuscendo a far percepire al lettore l’intonazione della voce che le pronunzia, il suo gracchiare, squittire o acutamente penetrare nelle orecchie, ammagliandole o debolmente infastidendole.
Nulla è scontato, ciò che appare tale potrebbe non esserlo, le piccole creature “follettesche” che si aggirano furtivamente fra le righe raramente compaiono come protagoniste in altri scritti di analoghe creazioni letterarie.
I ricorrenti aspetti autobiografici nelle descrizioni intimistiche dei personaggi sono rari in questa tipologia di racconti ed è bene che l’attento lettore cerchi di indagare, appropinquandosi guardingo verso la fine, chi sia Josh e, soprattutto, se incarni o meno l’Autore.
Due sono le cartine di tornasole di un buon lavoro letterario.
Se, varcata la quinta pagina, si vuole continuare a leggerlo e, superata la trentesima, si procede, drogati dalla storia,  sino alla conclusione.
Se la pistola introdotta nell’ incipit della narrazione, come sostiene Cechov, al suo termine spara.
La pistola spara…e come se spara!
Un’ ultima annotazione: come d’estate gradiamo un bicchiere di vino bianco fresco, mentre d’inverno apprezziamo di più  un bicchiere di “rosso” o, magari, un cognac vicino al camino, la lettura di “Derek Dolphyn e il Varco Incantato” è particolarmente raccomandata nel periodo che ci accingiamo a vivere.

Fabrizio Giulimondi

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