Sua
Maestà Steven Spielberg - colui che incarna il Cinema , colui che “è” il
Cinema e lo ha vissuto in tutte le più poliedriche e multiformi sfaccettature,
come regista, produttore, sceneggiatore di cortometraggi, lungometraggi, fiction e sceneggiati per la televisione, e autore di una produzione
cinematografica sul grande schermo da capogiro, attraverso la quale ha affrontato ogni genere filmico - ha creato con il suo impareggiabile tocco di
classe e genio un film “Il ponte delle
spie “(“Bridge of spies”), che
si inserisce nel ricco filone filmografico statunitense in tema di spionaggio, guerra
fredda e pericolo atomico.
1957:
è in corso lo scontro fra le due superpotenze americana e sovietica.
Agosto
1961: viene innalzato il “Muro” che dividerà sino al novembre del 1989 la
Germania in due: quella democratica e quella sottoposta alla tirannide
comunista.
In
mezzo ci sono le spie dei due blocchi che cercano di carpire informazioni
essenziali per la sconfitta dell’altro.
In
mezzo c’è una spia russa.
In
mezzo c’è un avvocato yankee tutto d’un
pezzo.
In
mezzo c’è il rispetto fra una spia russa ed un avvocato yankee tutto d’un pezzo.
In
mezzo ci sono le regole di uno Stato libero come quello degli States, la sua Costituzione che assicura
una difesa competente a chiunque, anche ad un nemico.
In
mezzo ci sono altre regole, quelle belliche, che cancellano quelle di uno Stato
libero, quelle imposte dalla sua Costituzione.
In
mezzo c’è il ponte di Glienicke al confine fra Berlino Ovest e Berlino Est.
In
mezzo ci sono giganti del firmamento attoriale nordamericano, come Tom Hanks, Mark Rylance, Amy Ryan, Sebastian
Kock, Alan Alda.
Centoquaranta
muniti di “quinta essenza” del Cinema, comodamente adagiata in una elegante, pacata, ragionata spy story.
Fabrizio Giulimondi
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