“E i corvi dell'inverno
si sono ormai posati
è là dove svanisce
L'orizzonte “
(Angelo
Branduardi, La favola degli aironi)
L’orizzonte
è la linea apparente che separa la terra dal cielo.
Apparente,
appunto, perché nell’orizzonte tutto si confonde e diventa indistinguibile ed
impalpabile.
È
lungo quella zona grigia che non è mare, né terra, non è montagna, né pianura,
e non è cielo, che si colloca l’ultimo lavoro di Benjamin Myers, “All’orizzonte”
(Bollati Boringhieri). Verso l’orizzonte
si dirigono i due coprotagonisti, Robert e Dulcie. I rumori della seconda
guerra mondiale si avvicinano all’Inghilterra del 1940, rimanendo, però, in
lontananza, echi provenienti da terre lontane. Un incontro casuale fra un
ragazzo ed una “carapana” che, in realtà, si conoscevano da sempre, senza
saperlo si cercavano e si ritrovano, per proseguire, continuare ciò che già
esisteva, una breve cesura fra un prima ed un dopo, un riprendere il bandolo
della matassa e ricominciare a tessere una nuova storia, un nuovo racconto.
“All’orizzonte” è un
romanzo in espansione, che si dilata da un cottage per abbracciare la Natura
attraverso pietanze, dialogo e poesia. La poesia è l’ossatura portante della
trama, filata nello stile di un tappeto persiano su un viandante-voce narrante
che scopre il suo futuro nella quotidianità con Dulcie.
Il
lettore respira a pieni polmoni il nettare più profondo della libertà, accompagnato
dalla letteratura e dalla poesia, appartenenti sì al mondo ma ad esso
preesistenti.
Myers sviluppa una narrazione
alchemica costruita su un turbinio di descrizioni, dettagli sparpagliati
ovunque come semi in un campo di grano, barocchismi letterari che aggettivano e
inzeppano di avverbi ogni parola, ogni locuzione e ogni frase, in un fitto
reticolato di sonorità galleggianti nello spazio e nel tempo.
La
poesia è cippo funebre e la prosa aria primaverile carica degli umori del mare
gelido del Nord.
La
poesia e la letteratura si privano del tempo e dello spazio ma partono dal tempo
e dallo spazio: “Le poesie erano
scaturite spontaneamente da quell’angolo tranquillo di quella collina
affacciata su quella costa”.
“La permanenza è utopia. Tutto è fluido. E la
natura vince sempre”.
Fabrizio Giulimondi
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