“The Fabelmans”, l’ultimo film di Sua
Maestà il Cinema Steven Spielberg, ci
proietta nella adolescenza dell’immenso regista per farci scrutare i suoi primi
passi nel mondo dell’arte cineastica.
Autobiografico,
intimistico, introspettivo, la narrazione scorre placida nel primo tempo,
mentre, durante il secondo, si impenna per concludersi con la maestosità delle
citazioni per immagini del funambolico Charlie Chaplin e del cow boy John Ford.
L’antisemitismo
americano degli anni ’60 e la pazzia della madre, la debolezza caratteriale del
padre ed il suo grande amore per la moglie che insisteva nel tradirlo, la
macchina da presa usata per far percepire all’altro chi fosse veramente, la
finzione artistica che descriveva come i compagni di scuola erano visti nella
comunità e come in realtà loro si sentivano sul serio. La pellicola come
strumento di maieutica socratica e l’orizzonte che rende un film capolavoro solo
se è posto in alto o in basso e mai in mezzo: la chiave di lettura che porterà Spielberg ad essere l’inveramento della
cinematografia.
Una
pellicola dal carattere morbido e melodico come il pianoforte che accompagna la
storia. Una pellicola che raccoglie la potenza del linguaggio di settanta anni
di vette del Grande Schermo a stelle e strisce.
Una
pellicola di Sua Maestà Steven
Spielberg.
Fabrizio Giulimondi
Grazie Fabrizio! Le tue recensioni sono veramente strepitose, riesci a suscitare nell'interlocutore un'incredibile curiosità, stuzzichi l'intelletto con grande maestria! Veramente complimenti! Un abbraccio grande 🤗
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