lunedì 20 maggio 2024

"V13. CRONACA GIUDIZIARIA" di EMMANUEL CARRÈRE



Venerdì 13 novembre 2015 Parigi è stata teatro di un massacro ad opera della mano islamista.

La sala da concerti Bataclan, lo stadio di calcio e alcuni bistrot sono stati presi da assalto dall’odio terrorista musulmano che ha portato all’omicidio di 130 persone colpevoli di essere occidentali: 130 morti, un suicida per grave stato depressivo e centinaia di feriti nel corpo e nell’anima.

Emmanuel Carrère in “V13. Cronaca giudiziaria” (Adelphi) “dal 2 settembre 2021 al 7 luglio 2022, ha raccontato nei dettagli per i lettori dell’’Obs la brutta storia, piena di lacrime e sangue, di quel maledetto 13 novembre 2015”.

Dal 2 novembre 2021 al 7 luglio 2022 si è svolto il processo ai fiancheggiatori e favoreggiatori degli stragisti, morti dopo essersi fatti saltare in aria. L’Occidente ama la vita, costoro la morte, propria e altrui.

Il processo di “V13” non è più soltanto la sede nella quale si amministra la giustizia ma un rito collettivo di metabolizzazione del dolore che perde, così, i suoi connotati individuali per elevarsi a interiorizzazione della tragedia vissuta, mutando da orrore solipsico a riconoscimento del proprio dolore per mezzo della sofferenza dell’altro, così diversa e così eguale. L’angoscia altrui comprende anche il proprio dramma che, acquisendo una forma comunitaria, assume una nuova qualificazione, una nuova struttura, una diversa dimensione. È proprio la dimensione della terribile afflizione provata a modificarsi elevandosi da percezione individuale a ultra-individuale: “Ci hanno dato un luogo, e del tempo, tutto il tempo necessario per fare qualcosa del dolore. Trasformarlo, metabolizzarlo. E ha funzionato. Questo è quello che è successo. Siamo partiti, abbiamo fatto questa lunga, lunga traversata, e adesso la nave entra in porto. Scendiamo a terra”.

Il lutto necessita sempre di una elaborazione per non cadere nella disperazione, o, peggio ancora, nella autoeliminazione fisica, psichica o morale. Se il lutto coinvolge centinaia di persone allora abbisogna di un lavoro interiore di gruppo accompagnato da una cerimonia formale collettiva: il processo.

Il processo raccontato minuziosamente con grande partecipazione emotiva dall’Autore non è solo una concatenazione di formule, atti e comportamenti aventi valore giuridico, bensì, e soprattutto, un procedimento umano che dall’interno degli animi, delle menti e dei cuori dei protagonisti del Bataclan viene proiettato all’esterno e reso visibile ed intellegibile a tutti, a partire dalle stesse vittime.

Letteratura, psichiatria, cronaca e taqiyya si interconnettono a tale punto da divenire una rete inestricabile.

Fabrizio Giulimondi    

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