Come si fa ad approcciare il “sublime”? Quali parole, quali espressioni, quali locuzioni, quali sintagmi, quali lemmi, quali termini possono invocarlo? Come si può comunicare, far percepire agli altri ciò che per sua natura è inafferrabile, dolcemente e grandiosamente inafferrabile
Leggere
ed essere travolti da una inarrestabile ondata di emozioni e di bellezza, come
colti da sindrome di Stendhal. Emozioni e bellezza che non si fermano con la
lettura ma vanno oltre essa, perché le
pulsioni intellettive, di cui ogni singolo fonema si nutre, permangono
cocciutamente nella testa e ostinatamente non la abbandonano.
Con Vivere non basta - lettere di Seneca sulla
felicità Marcello Veneziani ha intrapreso un percorso lungo la sua anima; il
suo cammino interiore è continuato attraverso “Dio, Patria e Famiglia dopo il declino”, anch’esso, come il primo,
un autentico capolavoro; “Lettera agli
italiani” (Marsilio editore) si
innalza ad opera d’arte. E’ un unicum
di imponderabile incanto, che unisce riflessioni letterarie, filosofiche,
storiche, politiche, liriche, poetiche, metafisiche e ironiche sugli italiani, sugli
“italieni” e sui ”transitalici”, riflessioni che prendono forma da uno stile
letterario di cui l’organismo con ansia si ciba e si abbevera.
Immersi
nel quotidiano grigiore linguistico, dove poveri, sciupati e ridicoli vocaboli
e neologismi vengono imposti al comune parlare dalla vuota dittatura del “politicamente
corretto”; immersi in masse informi e anonime di persone
deprivate di pensiero e idee, omologate dalla costrizione corrosiva di
dover discernere tutte nello stesso modo, altrimenti si è omofobi, sessisti, xenofobi e razzisti;
immersi in una religione laica con le sue vestali e i suoi sacerdoti e i suoi riti
e le sue sanzioni e i suoi nuovi peccati, i nostri polmoni hanno necessità di respirare un’aria carica di
una “nostalgia dell’avvenire”, di un futuro partorito dalle proprie radici e
non disciolto nel presente.
Sussiste
“la necessità di congiungere la memoria del passato all’attesa del futuro
e di restituire alla continuità tra le generazioni il senso più vivo di una
tradizione che viene da lontano e si sporge nel futuro”…..si “sporge nel
futuro”: quanto toccante, quanto commovente splendore!
Il
sentimento di commozione non è un elemento posticcio ma l’”in sé” del saggio di
Veneziani; non un condimento
scenografico di una storia scontata, ma
la naturale conseguenza di una narrazione che scende nel “foro interno” di ciascuno
di noi, nonostante il cemento che sopra vi hanno irriguardosamente colato.
In “Lettera agli italiani” v’’è un sentore di
ciò che siamo stati, siamo e che potremmo essere, un presagio di riscatto: "L'Italia
è mia madre, L'Italia è mio padre. L'Italia è il racconto in cui sono nato.
L'Italia è la lingua che parlo, il paesaggio che mi nutre, dove sono i miei
morti. L'Italia è le sue piazze, le sue chiese, le sue bellezze, chi la onorò. L’Italia
è la sua storia, figlia di due civiltà, romana e cristiana. L'Italia è la mia
casa, è il ritorno, è l'infanzia, il cielo e la terra che mi coprirà”.
E l’incuria non potrà sopraffare ciò che è
sorto immortale: ”E tuttavia c’è qualche
cosa che si sottrae al degrado, allo scempio, alla barbarie. E’ qualche cosa
che attiene l’aria, che allude a una presenza, folgorante ed eterea al tempo
stesso e che anima il paesaggio. E’ la luce. La luce mediterranea, la luce del
Sud, la luce italiana, e sopra tutti la luce di Roma. Ci sono giornate, a Roma,
in cui serpenti di traffico, spettacoli di degrado, brutture disseminate,
lasciano l’impressione che la città eterna stia sull’orlo della sua scomparsa
dopo un’indecorosa agonia. Poi però noti che c’è un’aura indicibile che
sovrasta il paesaggio e cancella gli sgorbi, qualcosa che risplende nonostante
tutto, qualcosa che è al riparo dall’usura e dalla decadenza, e che rende la
visione vivida e smagliante: è la luce di Roma, clamorosa, trionfale, che
trattiene in sé qualcosa di indicibile della sua storia e della sua tradizione,
in tutte le sue stratificazioni. Le intensità dell’azzurro, la regalità di quel
sole, l’aria vibrante hanno qualcosa di glorioso, di antico e puro al tempo
stesso, che riesce a restare integro sopra le rovine e il caos, in un’ eterea
perennità che ti fa vivere dentro un mito”.
Fabrizio Giulimondi
Bellissima questa recensione complimenti
RispondiEliminaBellissima questa recensione complimenti
RispondiEliminagrazie!
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