La problematica che brevemente si desidera trattare riguarda la natura giuridica delle spese del procedimento, previste negli articoli 535 c.p.p. e 181 disp. alt. c.p.p., alla luce della. recente sentenza della Corte Costituzionale. , Con l'espressione spese procestuali si suole indicare l'insieme delle somme anticipate dallo Stato di cui una parte (spese ripetibili) poste a carico dell'imputato in seguito a condanna divenuta definitiva (art. 691 c.p.p.): in via esemplificativi si possono Indicare come spese di giustizia le somme erogate dallo Stato per gli onorari dei periti di ufficio, dei traduttori, degli interpreti, degli stessi avvocati in caso di ammissione al gratuito patrocinio; le Indennità dei custodi giudiziari.
Le spese processuali, insieme a quelle affrontate dallo Stato per il mantenimento in carcere in caso di applicazione di custodia cautelare carceraria dopo una condanna comportante una pena detentiva ed alle sanzioni pecuniarie (multa o ammenda), devono essere recuperate dalla cancelleria del giudice dell'esecuzione, Competente a tale compito è Il c.d. ufficio del campione penale, il _ quale come primo atto di attivazione per il recupero deve iscrivere la partita di credito —rappresentata dalle sopra nominate voci — sul mod. 29 (registro campione delle pene pecuniarie e delle spese di giustizia), tramite l'apertura di un articolo di credito.
Ci si è posti il problema se la partita di credito delle.spese processuali possa essere .annullata, conte accade per le sanzioni pecuniarie penali, in seguito alla promulgazione di una legge di amnistia.
Al fine di dare una adeguata risposta a questo interrogativo occorre individuare la vera natura delle spese in parola; procedendo a passi veloci lungo il cammino che inizia dal periodo di tempo antecedente alla legge 354/75 sino alla emanazione. della sentenza della Corte Costituzionale 98/98.
Prima della normativa sull'ordinamento
,penitenziario (26 luglio 1975, n. 354) non vi erano dubbi circa la natura dei recupero delle spese processuali penali: si trattava di una obbligazione civile verso lo Stato Poeta a carico dell'autore del reato con la sentenza definitiva di condanna. Era consequenziale la trasmissibilità del debito agli eredi: essendo una obbligazione civile si applicavano i principi civilistici, e, quindi, il condannato non solo rispondeva con tutti i suoi beni passati e futuri.(art. 2740 c.c.), ma inoltre l'obbligo del pagamento delle spese di giustizia traslava agli eredi (arti. 752-756 cc.).
La natura ora descritta ha subito un radicale mutamento prima con l'art. 56 della legge sull'ordinamento penitenziario, poi con la sentenza della Corte Costituzionale del 26 marzo 1998, n. 98.
La centrata norma prevede la remissione del debito in caso di disagipte condizioni economiche del condannato. Questo strumento consegnato nelle mani del magistrato di sorveglianza evidenzia il penetrare nel rapporto tra condannato debitore ed Erario creditore di una funzione estranea ai rapporti di diritto civile; viene ad insinuarsi un fine che trascende la sfera degli interessi patrimoniali e' che si sostanzia nella rieducazione e nel reinserimento del condannato. E' evidente che l'istituto previsto dall'art. 56 rientra nell'ambito di applicazione dell'ari. 27, terzo comma, Gasi.: le pene devono tendere alla rieducazione del condannato.
La sentenza della Corte ha appalesàto quanto ora affermato: dichiarando incostituzionale l'ari, 8, secondo comma, del codice penale e l'art. 273, primo periodo, del r.d. 23 dicembre 1865, n. 2701 sulla tariffa penale, ha reso intrasmissibile il debito.del condannato agli eredi, non solo quando il debitore muore in stato di insolvibilità, ma anche quando decede in staio di solvenza.
La intrasmissibffità rende certa la trasmutarione della natura delle spese procedimentall. La intrasmissibilità è propria delle sanzioni penali, in quanto, come è ben noto, la responsabilità penale è personale. Il pagamento delle spese in parola non rientra più nello schema del rapporto obbligatorio, bensì in quello delle sanzioni penali accessorie. Tale natura appare evidente per la finalità premiale che tende a realizzare la remissione del debito valorizzando la regolare condotta tenuta, indice di ravvedimento, e, per le finalità di agevolazione del reinserimento sociale, rimuovendo gli eventuali ostacoli dl ordine economico rappresentati da situazioni di disagio finanziario in cui versa il condannato (indipendentemente dallo stato di detenzione).
ll valutare come sanzione penale accessoria la condanna alla rifusione delle spese processuall comporta anche un Indubbio cambiamento del rapporto con altri istituti, come l'amnistia.
A differenza dell'indulto che condona o modifica in ordita solo la pena principale (art. 174 c.p.), l'amnistia (art. 151 c.p.), travolgendo il reato, estingue sia le pene principali sia quelle accessorie. Questo comporta che, se consideriamo, sulla scorta della interpretazione data dalla Corte Costituzionale, la condanna al pagamento delle spese di giustizia sanzione penale accessoria, l'amnistia cancellerà anche questo e obbligo della pena. L'amnistia, qualora intervenga in un momento antecedente ai passaggio in giudicato della sentenza penale (amnistia propria), estingue il reato e, quindi, nulla quaestia, in quanto la decisione giudiziaria si limita a-cancellare dalla realtà giudiziaria il
presunto crimine; importanza pregnante viene assunta dalla amnistia Impropria, ogniqualvolta la legge giunga successivamente alla formazione del giudicato: in questa evenienza il sistema sanzionatoti() costituito dalla pena principale ed' accessoria — coniprensivo quindi anche delle spese procéssuali —viene estinto.
Questa evoluzione dell’insieme delle spese di giustizia conduce ad un notevole risvolto pratico: tutti gli articoli di credito iscritti sul registro campione penale riguardanti spese processuali collegate a reati coinvolti dall'amnistia impropria potranno essere annullati, di ufficio.
Dott. Fabrizio Giulimondi
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